Vai ai contenuti. Spostati sulla navigazione

Andrea Pilastro

Andrea Pilastro

Quando la femmina regola l’evoluzione

Andrea Pilastro, ecologo, etologo e professore di Etologia e di Biologia evoluzionistica dell’Università di Padova, risponde ad alcune domande sul più scenografico dei meccanismi evolutivi: la selezione sessuale.

9 febbraio 2007
Anna Piseri

L’osservazione degli animali in amore a volte può davvero sorprendere: fagiani e galli cedroni sfoggiano piumaggi dai colori maestosi, uccelli, megattere e cervi si esibiscono in canti complessi, molti mammiferi e insetti rilasciano nell’ambiente irresistibili strie profumate. Il pavone maschio in parata dispiega le penne della sua lunghissima coda in un enorme ventaglio colorato. Tanta ostentazione di bellezza è sempre dedicata al sesso opposto: il termine tecnico per queste straordinarie manifestazioni è ornamenti sessuali. Il meccanismo che li mantiene e li sottopone al vaglio dell’evoluzione è la selezione sessuale, descritta per la prima volta da Charles Darwin già nell’Origine delle specie, ma più approfonditamente nella sua opera successiva, L’origine dell’uomo e la selezione in relazione al sesso.


Cosa è esattamente la selezione sessuale? In cosa si distingue dalla selezione naturale?

La selezione sessuale è un meccanismo che determina il successo riproduttivo: così come non tutti gli individui hanno uguale probabilità di sopravvivere e sono sottoposti per questo alla selezione naturale, non tutti hanno uguale probabilità di riprodursi. In questo caso discrimina la selezione sessuale. Un campione di sopravvivenza che non si riproduce è morto dal punto di vista evolutivo. Nella selezione naturale conta la capacità dell’individuo di competere nell’ambiente per accedere a risorse quali il cibo e i nascondigli protetti: l’individuo ha a che fare con l’ambiente fisico e biologico. Nel caso della selezione sessuale le risorse sono gli individui dell’altro sesso, i competitori sono gli individui del proprio sesso. Questo crea condizioni evolutive diverse e uniche rispetto a quelle tipiche della selezione naturale. Quando il rapporto tra i sessi è di uno a uno ogni femmina in più per un maschio è una femmina in meno per un altro. La pressione selettiva è molto forte: ogni nuova conquista evolutiva che favorisce un individuo, ne sfavorisce altri. Ecco perché i caratteri selezionati sessualmente possono essere così vistosi e appariscenti: è un continuo rincorrersi per mettere in campo il segnale più attraente.


La teoria della selezione sessuale ha fatto molta più fatica a essere accettata rispetto a quella della selezione naturale. Eppure le due teorie condividono lo stesso padre, Charles Darwin. Perché questo differente successo?

In realtà la parte della teoria basata sulla competizione maschile è stata subito accettata, è l’idea della scelta femminile che si è affermata con maggiore difficoltà. Pensare che un animale, per di più femmina, potesse avere un senso estetico e scegliere il maschio più attraente sembrava sicuramente troppo bizzarro per una cultura dominata da pregiudizi antropocentrici e sessisti. Dal punto di vista scientifico c’è anche da dire che studiare la scelta femminile in modo sperimentale non è facile: gli esperimenti sull’uccello vedova, considerati dimostrativi della scelta femminile, risalgono solo a venti anni fa.


Perché sono le femmine e non i maschi a scegliere?

Il tutto è riconducibile all’asimmetria iniziale nel costo della produzione dei gameti, le cellule riproduttive, che genera il cosiddetto “conflitto tra i sessi”. Le uova prodotte sono poche e richiedono un grande investimento perché sono cellule grandi e ricche di sostanze nutritive. Gli spermatozoi sono invece cellule piccole e confezionate in grande numero. Quindi di solito il potenziale riproduttivo dei maschi è maggiore di quello delle femmine. Queste ultime detengono un bene più raro e possono permettersi di scegliere con chi spenderlo. Addirittura in alcune specie di uccelli tetraonidi, come il gallo cedrone e il fagiano di monte, i maschi fanno ricorso all’organizzazione di una sorta di gara in un’arena, della quale ognuno cerca di conquistare il centro. Le femmine scelgono il maschio dominante e poi vanno via. È un comportamento riproduttivo particolare che ha un nome di origine scandinava: si chiama lek.


Ma i maschi non scelgono proprio mai?

Ci sono condizioni ecologiche, demografiche o di altro tipo che possono invertire i ruoli: a volte è il maschio che sceglie. È il caso delle specie in cui sono presenti cure parentali maschili. Nel pesce ago, per esempio, la femmina depone le uova in una tasca incubatrice che il maschio ha sul ventre e qui rimangono finché i piccoli non hanno raggiunto una certa dimensione. Il tempo richiesto al maschio per completare la sua “gravidanza” è superiore a quello richiesto dalla femmina per maturare un nuovo gruppo di uova. Le uova sono pronte prima di quanto non sia pronto il maschio, quindi le femmine pronte a riprodursi sono sempre più numerose di quanto non siano i maschi disponibili. In questo caso la risorsa limitata è rappresentata dai maschi, e le femmine competono per quelli con la tasca libera: sono aggressive tra loro e il maschio può permettersi di scegliere.


Venendo alla nostra specie, c’è chi sostiene che le capacità singolari e uniche della mente umana, come il linguaggio e la creatività artistica, siano anch’esse ornamenti sessuali. Insomma, l’intelligenza umana sarebbe come la coda del pavone, il prodotto di una precisa scelta femminile verso uomini con maggiori attitudini creative: cosa ne pensa?

Penso che una teoria scientifica sia interessante solo se genera previsioni verificabili. Non vedo come si potrebbe verificare se il cervello umano è il frutto della selezione sessuale. Anche se si dimostrasse che le donne di oggi preferiscono gli uomini più intelligenti, questo non significherebbe molto. Le forze selettive che mantengono un carattere non sono necessariamente quelle che ne hanno portato l’evoluzione. Per esempio, le penne degli uccelli oggi servono per volare, ma non si sono certo evolute per questo scopo: qualsiasi versione intermedia tra una squama di rettile e una penna non è utile per il volo, solo la completa trasformazione funziona. Quindi è inutile studiare il ruolo attuale delle penne nel volo per comprendere come si sono evolute. Solitamente la biologia evoluzionistica risolve questi problemi con un approccio di tipo comparativo: si analizzano e confrontano tante specie simili. Ma la nostra linea evolutiva, quella delle scimmie antropomorfe, ha un numero di specie insufficiente per questo tipo di studi. E poi bisogna fare attenzione alle spiegazioni esclusivamente adattative. I meccanismi dell’evoluzione sono tanti, non c’è solo la selezione, naturale o sessuale. Anche la deriva genica per esempio è molto importante: alcuni caratteri si affermano per caso. C’è chi s’interroga sul perché siamo l’unica specie di scimmie senza peli, avanzando ipotesi affascinanti e curiose. E se si trattasse di puro caso? Tutte le spiegazioni adattative potrebbero essere semplici fantasie. L’idea del “più adatto che sopravvive” è una grezza visione semplicistica di chi non conosce la biologia evoluzionistica che ha portato a chiare degenerazioni, soprattutto quando il darwinismo è stato applicato ad ambiti non biologici come l’economia.


da "Tempo Medico", n. 791, 2 aprile 2005

... vai all'archivio Interviste

Una questione di fiducia

Mario Riccio Mario Riccio

La conclusione del “caso Englaro” non chiude la questione spinosa della legge sul testamento biologico che in Italia ancora manca e anzi, se come è probabile, verrà votata in questi giorni una legge circoscritta unicamente all'alimentazione e all'idratazione artificiale dei pazienti incapaci di provvedere a se stessi, si rischia di cadere nel caos più assoluto. Come spiega Mario Riccio, medico “Che ha fatto la volontà di Piergiorgio Welby” come recita il titolo di un suo libro – e che è stato assolto l'anno scorso dall'accusa di “omicidio consenziente” - non saranno solo i cittadini a farne le conseguenze, ma anche i medici che si troveranno ad affrontare situazioni sempre più complicate e pazienti sempre meno fiduciosi.

Federica Sgorbissa

11 febbraio 2009

Una legge sul testamento biologico

Boniolo Giovanni Giovanni Boniolo

Il caso Englaro - Beppino Englaro il padre di Eluana, una donna in coma per 17 anni, dopo varie battaglie legali ha ottenuto la sospensione delle cure che tenevano in vita la figlia scatenando così la forte opposizione da parte del Governo Italiano -, ha messo in evidenza la necessità di una legge per il testamento biologico in Italia. Il rischio, o la certezza visto il disegno di legge che dovrebbe essere approvato a breve, è che nella fretta si finisca per far passare un provvedimento parziale e che limiterà la libertà di scelta di ogni cittadino. Con Giovanni Boniolo, filosofo della scienza esperto di bioetica e coordinatore del dottorato in “Foundation of life sciences and their ethical consequences” abbiamo discusso della deriva italiana in fatto di autodeterminazione del paziente.

Federica Sgorbissa

10 febbraio 2009

Tanto rumore per una particella

Maria Curatolo Maria Curatolo

Il Large Hadron Collider è un dispositivo lungo 27 chilometri situato a circa 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Al suo interno i fasci di protoni corrono a velocità della luce. In alcuni punti la temperatura è da brivido, quasi 270 gradi sotto zero. Ma quando i protoni si scontrano la temperatura sale fino a diventare 1000 miliardi di volte maggiore di quella al centro del Sole. I suoi numeri sono da record: LHC oggi è la macchina più potente e la fabbrica di informazioni più grande del mondo. Il suo obiettivo principale? Trovare una particella: il bosone di Higgs. Maria Curatolo, responsabile per l’INFN dell’esperimento ATLAS, spiega a Scienza Esperienza gli obiettivi degli esperimenti di LHC.

Ilenia Picardi

23 settembre 2008

© Copyright Sissa Medialab srl - Trieste (Italy) - 2006-2009
In collaborazione con Ulisse e Zadig