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Il gene del maratoneta

Rispetto agli altri primati abbiamo più copie di AQP7. Un gene che potrebbe aver aiutato i nostri antenati a correre via dalla savana africana.

Il maratoneta

Gli esseri umani possono percorrere grandi distanze perché hanno più copie di un gene che ci aiuta a rifornire le nostre cellule di energia. È quanto rivela un nuovo studio che, inoltre, sembra suggerire che la corsa di resistenza abbia spinto più in là il limite evolutivo dei nostri antenati.

Un’analisi del Dna fatta su dieci specie di primati ha rivelato che il nostro genoma contiene molti più duplicati del gene aquoporina 7 (AQP7) rispetto al genoma di scimpanzè e gorilla. L’AQP7 trasporta acqua e zuccheri nelle cellule. Negli uomini sembrano essercene cinque copie, mentre negli scimpanzè solo due, uno in più rispetto a tutti gli altri primati.

Sembra che gli uomini abbiano tra i 20 mila e i 25 mila geni diversi, ma in molti casi abbiamo un corredo con più copie dello stesso gene. Secondo James Sikela dell’Università del Colorado “più duplicati del gene sono presenti in una cellula, più proteine vengono prodotte da quel gene”.

Talvolta, però, avere più copie di uno stesso gene può significare andare incontro a seri problemi di salute. Per esempio una cellula qualsiasi ha una doppia copia del gene che sintetizza l’alfanucleina, una proteina del cervello, ma le persone che hanno una terza copia del gene sono più predisposte a sviluppare il morbo di Parkinson.

Vista la grande potenzialità esercitata dalle copie di geni, Sikela e colleghi si sono chiesti quanto si differenzino gli umani dagli altri primati in termini di duplicati genetici. Così il team di ricercatori ha estratto dei campioni di sangue da varie specie di primati, inclusi gli uomini.

Grazie alla tecnologia del Dna “micro-array”, i ricercatori hanno potuto calcolare quante copie di ogni gene ogni specie abbia nel proprio genoma. Se grandi quantità di Dna, infatti, si attaccavano al chip dello strumento di calcolo, significava che il genoma di quel primate conteneva più copie di tale gene.

Dopo aver usato questo metodo per monitorare più di 20 mila geni, Sikela e colleghi hanno trovato ben 84 geni che sono più numerosi nel genoma umano che in quello degli altri primati.

A catturare la loro attenzione, però, è stato soprattutto il gene che codifica l’AQP7, una proteina che funge da canale attraverso la membrana cellulare. Nello specifico, infatti, questo canale permette all’acqua e a uno zucchero chiamato glicerolo di entrare nella cellula dove sono sfruttati per produrre energia. Questo processo esercita una grande importanza durante i lunghi periodi di esercizio, cioè quando il corpo ha bisogno di utilizzare le molecole di energia contenute nei grassi.

“Visto il suo ruolo - sostiene Sikela – l’APQ7 sarebbe sicuramente un bel candidato da coinvolgere nella corsa di resistenza”. Studi recenti hanno rivelato che la corsa di resistenza potrebbe aver donato ai nostri antenati un gran vantaggio sugli altri primati poiché avrebbe permesso loro di muoversi meglio tra le estese savane africane.

Sikela, infine, spera che un’analisi più accurata dei dati forniti dalla sua tecnica fondata sul Dna possa rivelare quanti altri geni in molteplice copia possano aver giocato un ruolo decisivo nello sviluppo fisiologico che ha differenziato gli uomini dagli altri primati.

 

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