Uno scandalo sulla presenza di alcolici nei viaggi spaziali ha portato la NASA a imporre norme sempre più rigide. Ma cosa potrebbe succedere se ci capitasse di bere birra mentre ci troviamo in orbita attorno alla Terra?
Dopo aver dovuto affrontare lo scandalo secondo cui alcuni astronauti avrebbero alzato un po' troppo il gomito mentre si trovavano nello spazio, la NASA è dovuta correre ai ripari. Lo ha fatto imponendo una revisione severa delle proprie regole sul consumo di alcolici.
Nonostante agli astronauti sia proibito assumere alcool mentre si trovano in orbita, è tuttavia recentemente emerso che nel corso degli anni durante vari viaggi spaziali sia stato fatto qualche brindisi di troppo.
Ad esempio, nel 1969 Buzz Aldrin aveva voluto celebrare la comunione subito dopo essere sbarcato sulla Luna, bevendo qualche sorso di vino da un piccolo calice che aveva portato con se. Nella debole gravità della Luna, come aveva lui stesso raccontato, il vino si muoveva nel calice come se fosse sciroppo in una tazza.
Pare che piccole quantità di alcool fossero ammesse sulla Mir, la stazione spaziale sovietica, e che quando gli astronauti russi si unirono alla Stazione Spaziale Internazionale, ci furono momenti di gran malcontento quando scoprirono che lì invece gli alcolici erano vietati.
Non solo, anche la ricerca scientifica si è interessata al tema alcool e spazio. Alcuni ricercatori hanno infatti studiato come sia possibile produrre e consumare alcool alle condizioni presenti in una navicella spaziale.
Kirsten Sterrett, laureata all'Università del Colorado, negli Stati Uniti, ha scritto una tesi sul tema della fermentazione nello spazio, con l'appoggio del produttore di birra americano Coors.
Alcuni anni fa la ricercatrice ha spedito in orbita a bordo dello space shuttle un piccolo equipaggiamento per la fermentazione della birra, e al ritorno della navicella ha scoperto che se ne erano prodotti pochi sorsi. Kirsten Sterrett si è addirittura avventurata ad assaggiarli, anche se a causa dei vari elementi chimici che aveva usato per analizzarli, come lei stessa ha ammesso il sapore non era dei migliori.
Oltre alla sfida di produrre birra nello spazio, uno degli altri grandi problemi da affrontare è quello di come servirla, come afferma Jonathan Clark, ex chirurgo astronauta, che ora si occupa di problemi di medicina spaziale per il National Space Biomedical Research Institute a Houston, in Texas, negli Stati Uniti.
"Senza la gravità, le bolle non salgono verso l'alto. L'effetto è che la schiuma non si forma in superficie", spiega Jonathan Clark.
La soluzione è arrivata nel 2000 da alcuni ricercatori olandesi: immagazzinare la birra dentro a una membrana flessibile all'interno di un barile. Quando viene pompata aria all'interno della zona che si trova tra il barile e la membrana, la birra viene spinta fuori per pressione.
Gli astronauti potrebbero usare delle cannucce per bere/succhiare le grandi gocce di birra che in questo modo fuoriescono dal barile.
Per grande sfortuna degli astronauti, la birra è però sconsigliata per un consumo "spaziale", a causa del gas che contiene. A causa dell'essenza della gravità, che normalmente spinge i liquidi verso il fondo dello stomaco e i gas verso l'alto, gli astronauti potrebbero ritrovarsi a fare degli spiacevoli "rutti bagnati".
"Questo è il principale motivo per cui nello spazio è meglio non bere bevande gasate", spiega il portavoce della Nasa William Jeffs, che aggiunge anche che finora nessuna ricerca è stata fatta sugli effetti dell'alcool in ambienti con poca gravità.
Inoltre aggiunge: "Ci possono essere delle differenze nel modo in cui l'alcool viene assorbito dal nostro corpo quando ci troviamo nello spazio, il che fa sospettare e temere che i suoi effetti possano essere diversi da quelli che causa sulla terra".
Le stesse differenze si possono riscontrare anche, ad esempio, nel modo in cui vengono assorbiti i medicinali mentre gli astronauti si trovano nello spazio.
Il dubbio tuttavia rimane: dovrebbe essere proprio proibito agli astronauti bere nello spazio? "Dipende dalla lunghezza della missione e da quelle che possiamo chiamare abitudini o norme culturali", conclude Jay Buckey, ex astronauta che attualmente studia fisiologia spaziale al Dartmouth College del New Hampshire, negli Stati Uniti.
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