Progettato un sistema innovativo per monitorare i pinguini africani.
Anche i pinguini hanno il loro Grande
Fratello: un nuovo progetto, presentato in questi giorni alla Royal
Society Science Exhibition di Londra, intende monitorare i pinguini
africani con telecamere e un sistema di visione artificiale.
I ricercatori Tilo Burghardt e Peter Barham, dell'Università di Bristol, nel Regno Unito, hanno ideato il Penguin Recognition Project, un sistema non invasivo che si basa su un software per il riconoscimento degli individui.
Nel test attualmente in corso a Robben Island una telecamera nascosta nel terreno riprende gli uccelli in un punto di passaggio del loro percorso quotidiano verso il mare. Le immagini così ottenute sono inviate a un computer e analizzate dal software appositamente sviluppato dai ricercatori.
Il sistema di riconoscimento permette di distinguere i pinguini l'uno dall'altro grazie alle macchie sul petto uniche per ciascun individuo.
Dall'immagine del petto di ogni pinguino viene creata una mappa in due dimensioni che viene confrontata con un database di mappe già archiviate. Se si trova una corrispondenza l'individuo può essere identificato; in caso contrario si aggiunge la nuova mappa all'archivio di quelle esistenti.
Il software utilizzato per il riconoscimento è progettato per tenere conto anche delle variazioni nella “riproduzione” di una mappa dovute ai movimenti del pinguino nello spostarsi o nel respirare, e al momento “raggiunge,” come dice Burghardt, “un'accuratezza del 98%, con pochi casi di false identificazioni.” Una volta perfezionato, il metodo ideato da Barham e Burghardt potrebbe essere di grande utilità nelle ricerche in biologia e zoologia, permettendo di fare osservazioni di tipo demografico e comportamentale: si potrebbe ad esempio studiare la divisione tra maschi e femmine dei compiti di pesca e custodia dei piccoli, con il grande vantaggio della non invasività.
Il pregio di questo sistema, infatti, è sicuramente la possibilità di osservare la popolazione con discrezione, senza turbare le sue attività, come invece è stato necessario fare fino ad oggi. Studi infatti dimostrano che le bande metalliche applicate finora sulle pinne dei pinguini per etichettarli riducono la loro capacità di riprodursi. Evitando questa procedura si potrebbe forse contribuire in minima parte alla conservazione della specie, che contava un milione di individui all'inizio del ventesimo secolo ed è ora ridotta a 170.000 unità.
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