Una nanostruttura in grado di “congelare” le frequenze luminose facilita l'integrazione fra strutture ottiche e dispositivi elettrici
Fin dall'antichità l'uomo ha sognato di poter toccare l'arcobaleno. Oggi questa romantica possibilità è più di un semplice vagheggiamento e potrebbe avere importanti conseguenze nel campo della ricerca sui processori ottici. Qiaoqiang Gan, della Lehigh University di Betlemme, in Palestina, e colleghi sono riusciti a mettere a punto dei nano-dispositivi relativamente semplici in grado di rallentare, o addirittura bloccare, le onde di luce di una larga porzione dello spettro luminoso.
Da alcuni anni la ricerca si sta concentrando sulla possibilità di creare processori che usino i segnali luminosi al posto dei segnali elettrici: questi ultimi infatti sono più lenti a causa degli ostacoli alla mobilità degli elettroni nei vari materiali.
La luce però ha altri inconvenienti, per esempio a livello di grandezza “nano” dovuti ai limiti naturali di diffrazione e risoluzione.
“A causa dei limiti di diffrazione, per ora i circuiti ottici sono molto più grandi di quelli elettronici,” spiega Gan. “Questo pone un ostacolo all'integrazione delle strutture ottiche con quelle elettroniche.”
Il lavoro di Gan e colleghi, pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, compie un notevole passo in avanti nella miniaturizzazione dei circuiti ottici. Il dispositivo riesce a fermare il movimento di onde luminose di frequenza diversa, nell'ordine dei therahertz, in posizioni multiple sulla superficie della struttura.
“Il nostro prossimo obiettivo è sviluppare dispositivi che estendano questa capacità al limite dell'infrarosso e delle frequenze visibili,” precisa Gan.
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