Un nuovo tipo di nanobatteria costruita a partire da virus
Una semplice tecnica litografica e il contributo del virus chiamato M13, prodotto con tecniche di ingegneria genetica ha permesso di realizzare la batteria più piccola del mondo.
Un gruppo di scienziati del MIT guidati da Angela Belcher ha utilizzato un supporto di un polimero organico al silicio, sul quale hanno depositato diversi strati alternati di elettroliti e, infine, hanno aggiunto il virus.
Sulla superficie del virus ci sono delle molecole di amminoacidi caricate con carica elettrica negativa, in modo da aderire al supporto di polimero. I virus M13 sono dei filamenti lunghi alcune centinaia di micrometri e del diametro di appena 6,5 nanometri, più piccoli di qualunque componente elettronico oggi disponibile, che tendono ad avvolgersi su se stessi per formare una specie di rotolo piatto.
Il tutto viene poi immerso in una soluzione di cobalto che è un buon materiale da batterie, che funziona da anodo nelle batterie al litio. I virus rivestiti di cobalto formano una superficie molto ampia in grado di immagazzinare energia elettrica. Infine la matrice così preparata viene stampata su un supporto di platino, che è un buon conduttore, e la pellicola di polimero viene rimossa. Il catodo, l’altro polo della batteria, viene realizzato con del rame ricoperto da litio.
In questo modo i ricercatori sono risciti a costruire una batteria più piccola di un centimetro con la capacità di 375-460 nAh, a seconda delle condizioni di carica. Queste batterie possono essere stampate su qualunque supporto conduttore, anche flessibile.
Le nanobatterie sono particolarmente importanti nel campo biomedico. I dispositivi elettronici usati, per esempio, per rilasciare controllate dosi di farmaci, hanno bisogno, per funzionare, di una certa quantità di energia. Le attuali microbatterie convenzionali si scaricano troppo rapidamente, riducendo l’efficienza di questi dispositivi. Le nanobatterie al virus potrebbero essere una soluzione per questo e per altre applicazioni dove non servono grandi quantità di energia.
La ricerca è descritta su "The Proceedings of the National Academies of Science" in uscita questa settimana (Nam, K. T. et al. Proc. Natl. Acad. Sci. USA (2008), doi:10.1073/pnas.0711620105).
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