Uno studio analizza i rischi di possibili tsunami provocati da terremoti nel bacino mediterraneo
Un gruppo di geofisici italiani dell’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV) ha calcolato il rischio di tsunami a cui sono esposte le regioni dell’Italia meridionale.
A tutti sono noti i rschi di terremoti e di eruzioni vulcaniche del Sud Italia, meno noti quelli legati a uno tsunami. Il terremoto del 1908, per esempio, provocò un terremoto di magnitudine 7 e creò uno tsunami che distrusse le città di Messina e Reggio Calabria. Gli tsunami possono generarsi da terremoti che si originano nella grande zona di faglia esistente nel mare Mediterraneo, e si calcola che in Italia si verifichi uno tsunami ogni secolo.
Il gruppo di Stefano Lorito (INGV), responsabile di questa recente ricerca, ha combinato le conoscenze sulla struttura tettonica della zona con delle simulazioni dell’impatto di un eventuale tsunami.
Per la simulazione sono state scelte tre zone a rischio, a diverse distanze dalla costa: il Tirreno meridionale, la zona prospiciente la catena delle Montagne dell’Atlante nel Nord Africa e l’Arco Ellenico occidentale. Per ogni zona sono stati determinati il più intenso terremoto possibile, la geometria, la cinematica e le dimensioni della faglia associata. Poi la faglia è stata fatta slittare per verificare che tipo di tsunami potrebbe provocare.
I risultati presentano una grande variatà di impatto. Per esempio un forte terremoto nell’Arco Ellenico nel Mediterraneo orientale produrrebbe un grande tsunami con onde fino a 5 metri, maggiore di quello che potrebbe verificarsi nelle altre zone prese in considerazione da questa simulazione. Questo studio, che ha il valore di una ricerca pilota, dimostra che per avere una visione realistica dei rischi di tsunami nel nostro mare si debbano effettuare delle simulazioni sull’intero bacino.
La ricerca è stata pubblicata sul "Journal of Geophysical Research" (vol. 113, B01301, DOI:10.1029/2007JB004943, 2008).
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