In molti paesi le armi chimiche sono state messe al bando e vengono distrutte. Tuttavia i prodotti sono difficilmente smaltibili e creano gravi problemi ambientali
Tra il 5 e il 9 novembre, si riunirà all’Ajia in Olanda l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPCW) per celebrare un evento importante: Albania e Gran Bretagna hanno distrutto le loro ultime armi chimiche e anche India e Corea del Sud stanno completando il processo. Purtroppo nella sala ci sarà un ospite indesiderato: nella gara alla distruzione delle armi, Stati Uniti e Russia, che possiedono il 95% delle armi chimiche mondiali, stanno producendo migliaia di tonnellate di un residuo tossico difficile da smaltire.
Le armi chimiche possono essere semplicemente bruciate. Tuttavia per evitare delle emissioni di gas tossici, metà del contingente americano e la totalità di quello russo vengono distrutti aggiungendo degli alcali, con una tecnica chiamata idrolisi. Questo processo genera un nuovo problema: come smaltire quella brodaglia tossica che viene prodotta dall’idrolisi.
Secondo Paul Walker del gruppo per il disarmo Global Green di Washington DC, i funzionari della OPCW hanno concesso alla Russia di soddisfare le scadenze per la distruzione delle armi chimiche solo per quanto riguarda il processo di idrolisi. Così i russi si sono concentrati su questa fase a scapito della soluzione del problema dello smaltimento dei prodotti dell’idrolisi. Inizialmente la Russia voleva riciclarli per alimentare impianti chimici o come fertilizzanti. Tuttavia questa soluzione è stata abbandonata perché non economicamente sostenibile.
Nel frattempo gli Stati Uniti avevano pensato di bruciare negli inceneritori i prodotti dell’idrolisi, ma per il timore di emissioni tossiche due inceneritori si sono rifiutati di accettare i prodotti provenienti dagli arsenali di Newport nell’Indiana. Ora questi rifiuti tossici vengono ora trasportati attraverso otto stati fino al Texas. Walker sostiene che le proteste degli ambientalisti potrebbero creare difficoltà anche agli arsenali del Kentucky e del Colorado.
I tre impianti di smaltimento russi propongono una soluzione: versare degli alcali nei barili o nelle bombe contenenti gli agenti chimici e lasciarli idrolizzare in situ. Di nuovo si porrà il problema di cosa fare con i prodotti dell’idrolisi. L’impianto maggiore, quello di Maradikowskij, vorrebbe bruciarli, tuttavia l’inceneritore non è ancora in funzione. L’impianto di Shchuch’ije in Siberia ci verserà sopra del catrame e li seppellirà, cosa che potrebbe inquinare il terreno.
Debora MacKenzie
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