Mamirauà, martedì 10 agosto 2010

I favolosi delfini rosa

(dal diario di Polina)

Ieri sera dopo cena sono venute alla Pousada due biologhe, Virginia e Nathalie, e hanno fatto una conferenza sui delfini rosa del Rio delle Amazzoni e il programma di conservazione della Riserva di Mamirauá. Questi animali sono davero favolosi, nel senso che potrebero essere protagonisti di una favola, e se non li avessi visti oggi con i miei occhi, non avrei mai creduto che esistessero. Intanto, sono dei veri defini, mammiferi come quelli di mare, anche se vivono in acqua dolce.  Discendono dai delfini dell’Oceano Pacifico, e sono stati separati dalla loro famiglia di origine 20 milioni di anni fa ( !), perché la catena delle Ande, che si è formata proprio allora, ha chiuso lo sbocco sull’Oceano Pacifico al Rio delle Amazzoni. Eh sì, non mi sto sbagliando, prima che sorgessero le Ande, il Rio delle Amazzoni scorreva verso ovest e si gettava nel Pacifico. Le Ande lo hanno trasformato in una specie di grandissimo lago e i delfini che sono rimasti al di qua delle Ande, bloccati nel grande lago, si sono adattati all’acqua dolce. E così hanno svilupato il lungo becco, che gli serve a catturare il pesce nascosto fra le radici degli alberi della foresta inondata. Hanno inoltre imparato a nuotare all’indietro con delle speciali pinnette che hanno sviluppato sul dorso, sempre per muoversi meglio tra gi alberi. In seguito il grande lago si è ritrasformato in fiume, ma ha invertito il suo corso, trovando un nuovo sbocco nell’Oceano atlantico, dove si getta ancora oggi. Ma nel frattempo,  in questi 20 milioni di anni, il delfino rosa è diventato una nuova specie. Ma lo sapete perché il suo colore è proprio il rosa ? Virginia e Natalie ci hanno spiegato che, diversamente da quanto potremmo pensare, i maschi sono quelli più rosa, oltre ad essere più grandi, e l’origine di questo colore non è un pigmento. E allora cos`è ? Cercate la risposta in uno dei riquadri del capitolo sui delfini rosa del libro ! In ogni caso, questa di Virginia e Natalie è stata la più bella lezione di biologia e geologia che io abbia mai sentito!

Dolphin spotting

(dal diario di Maxine)

Questa è stata la giornata più bella di tutto il nostro soggiorno a Mamirauà. Virginia, la biologa del progetto Boto (il nome portoghese del delfino rosa) ci ha invitato ad accompagnarla nella sua attività quotidiana, il dolphin spotting, ossia l’avvistamento di delfini. E così ci siamo imbarcati sul battello del progetto Boto e siamo andati in un altro lago formato dal fiume, chiamato dai ricercatori lo ‘shopping centre’ dei delfini, perché specialmente nella stagione secca, si concentrano tutti lì, dove l’acqua è profonda e hanno tanto da mangiare. E infatti, appena spegniamo i motori del battellino, vediamo delfini rosa ovunque attorno a noi emergere graziosamente sul pelo dell’acqua e poi scomparire di nuovo sotto. – Ce ne sono troppi, come faremo a contarli e identificarli? – chiedo preoccupata? – Guardate pazientemente in un’unica direzione – risponde Virginia – e non muovetevi troppo ogni volta che si avvicina un animale, altrimenti si spaventano e vanno via.

Il nostro lavoro consiste nell’identificare i marchi che i delfini hanno sulle pinne dorsali, ognuno fatto di due caratteri, lettere o numeri. In questo modo si può contare la popolazione di delfini e controllarne gli spostamenti.  – È la base di ogni progetto di ricerca e conservazione – ci ha detto Virginia.  – Uno dei delfini che abbiamo marchiato è stato visto in Colombia. Grazie a questa osservazione, possiamo dedurre che i delfini rosa si spostano su grandi distanze.   – Come li marchiate? – chiede Alberto. – Due volte all’ anno catturiamo moltissimi delfini con delle grandi reti proprio in questo lago, dove ce ne sono molti di più nella stagione secca – spiega Virginia. – Li portiamo al Flutante del Boto, la nostra base di ricerca, li pesiamo, preleviamo campioni di sangue, facciamo un’ecografia alle femmine per vedere se sono incinte, e poi li marchiamo a freddo, con l’azoto liquido a -200˚ C.  – Gli fa male? – non posso fare a meno di chiedere io.  – Un po’ – confessa Virginia – ma lo facciamo per conoscere meglio e conservare la specie. Solo marchiandoli possiamo sapere quanti sono, quanto vivono, quali sono le loro abitudini, e introdurre programmi di conservazione. – Sono una specie protetta? – chiede Kai. – Non lo sono legalmente, anche se questa specie esiste ormai solo qui, nel Rio delle Amazzoni. Si è già estinta nel Gange, in India, e in Cina ne sono rimasti solo 5 esemplari nello Yang-Tzee. Qui nel Rio delle Amazzoni ce ne sono ancora qualche migliaio, ma negli ultimi 15 anni sono diminuiti del 50%, perché vengono usati come esche dai pescatori di piracatinga, una specie di pesce gatto che piace molto ai colombiani. – A questo punto interviene Ab: – Bisogna arrestare questa tendenza vietando con la legge l’uccisione diretta del Boto per utilizzo come esca. Noi lo abbiamo fatto in Grecia, per un caso simile. – La discussione viene interrotta da Kai, che dice – K A ! – Non sono le iniziali del suo nome, ha appena visto un delfino col marchio K A ed è riuscito persino a fotografarlo, cosa non facile mentre il delfino salta. – Ho letto il marchio ingrandendone l’immagine sullo schermo – ci dice mostrando la foto. – Ottimo, dice Virginia, lo facciamo anche noi! – J O o J U  è il prossimo che avvistiamo. – Se avete visto J O, sarebbe la prima volta dopo due anni dall’ultimo avvistamento! – dice Virginia. In realtà è J U, che è la madre di un cucciolo.  – I cuccioli stanno con le loro mamme fino a 3, 4 anni di età; – spiega Virginia – per questo li vediamo spesso assieme. A volte, un cucciolo un po’ più grande resta, e vediamo la mamma con due figlioletti, ma non vediamo mai gruppi più grandi di tre animali– E così trascorriamo la giornata avvistando e confrontando le foto scattate principalmente da Kai con il catalogo di tutti i delfini rosa visti a Mamirauà. Anche sulla via del ritorno continuiamo ad avvistarne, ormai abbiamo fatto l’occhio! 



Bradipo

Femmina di boto con cucciolo