Se esiste una struttura comune a tutte le lingue, allora sarà possibile creare un dispositivo che traduca ogni forma di comunicazione, comprese quelle extraterrestri
Individuare la struttura universale del linguaggio è il passo fondamentale per progettare un traduttore universale, che in un futuro ipotetico ci permetterà di parlare anche con gli alieni.
Questo è quello che Terrence Deacon dell’Università della California, a Berkeley, negli Stati Uniti, ha esposto alla Astrobiology Science Conference di quest’anno.
Questo babelfish, nome preso da uno strano pesce capace di tradurre qualsiasi linguaggio, inventato da Douglas Adams nella sua Guida intergalattica per autostoppisti, famosissimo romanzo di fantascienza, richiederebbe una conoscenza molto più approfondita del linguaggio di quella che possediamo ora.
L’origine del linguaggio è infatti controversa. Alcune teorie ritengono che si tratti di un processo evolutivo e che i suoni che usiamo per comunicare siano arbitrari. Se questo è vero, potrebbe esistere un numero infinito di possibilità linguistiche per esprimere un concetto, e una razza aliena evoluta in un ambiente totalmente diverso dal nostro attraverso un processo evolutivo completamente differente parlerebbe sicuramente un lingua per noi indecifrabile.
Secondo Deacon però tutti i linguaggi rispondono a un preciso bisogno che è quello di descrivere il mondo fisico. Questo fatto, secondo il linguista-antropologo, limita la variabilità.
Una razza extraterrestre per comunicare potrebbe, per esempio utilizzare degli odori. Ci sarebbe un’aroma per la parola “albero”, un altro per “roccia”, e così via, ma la struttura rimarrebbe simile a quella dei nostri linguaggi, e quindi alla fine, decifrabile.
Secondo Deacon non importa quanto un simbolo possa diventare astratto, visto che in qualche modo rimane legato alla realtà fisica perché fa riferimento a delle parole “indice” – parole che usiamo per “puntare” direttamente agli oggetti fisici. Questo fatto limita il numero di relazioni che una parola può avere con le altre e fissa la grammatica che emerge quando si mettono insieme tutti i vocaboli.
Se le cose stanno così allora, secondo Deacon, è possibile inventare un dispositivo in grado di decodificare istantaneamente qualsiasi lingua.
Purtroppo però sottoporre la teoria di Deacon a una verifica sperimentale potrebbe rivelarsi un compito arduo, perché richiederebbe per forza un qualche tipo di contatto con una razza aliena. Denise Herzing, della Florida Atlantic University di Boca Raton, negli Sati Uniti, suggerisce di provare con i delfini.
“Le nostre ricerche dimostrano che questi cetacei sono forse in grado di comunicare usando i simboli,” spiega Herzing. “La cosa non è ancora sicura, ma potrebbe benissimo darsi che saremo i grado di dimostrare l’universalità del linguaggio attraverso la comprensione di come comunicano i delfini.”
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