Presentato uno studio che individua i due principali killer dei giganteschi proboscidi.
Ci sono state diverse teorie per spiegare l'estinzione dei mammut, gli enormi proboscidi che hanno popolato il pianeta fino a circa 3.500 anni fa, e che alla fine dell'ultima grande glaciazione, circa diecimila anni fa, hanno iniziato a estinguersi. Si è parlato di devastanti epidemie, disastri naturali e extraterrestri, come l'esplosione di una cometa nell'atmosfera. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, si identifica come colpevole l'uomo o il cambiamento climatico.
Lo scorso martedì è stato presentato uno studio che incolpa sia il riscaldamento terrestre sia la caccia. La ricerca, pubblicata sull'ultimo numero della rivista PloS Biology da un team di ricercatori spagnoli, ha rilevato che l'aumento della temperatura ha ridotto l'habitat dei mammut, e quando gli umani sono entrati nel loro territorio circa seimila anni fa la specie era già appesa a un filo.
Gli scienziati, guidati David Nogues-Bravo (ricercatore presso il Museo Nacional Ciencias Naturales di Madrid) hanno comparato i modelli matematici del clima con gli studi sui resti fossili degli animali provenienti da diversi siti, in un'epoca compresa tra i 6.000 e i 126.000 anni fa, determinando quale ruolo ha giocato il clima e quale la presenza umana.
Ciò che lo studio mostra è che il riscaldamento climatico ha spinto gli animali che prosperavano nella fredda e umida tundra sull'orlo dell'estinzione, e l'uomo ha provveduto al colpo di grazia: quando gli umani si sono spinti nel loro habitat di seimila anni fa, ormai era ristretto alla sola Siberia artica.
Basandosi sulla popolazione dei mammut del periodo, i ricercatori stimano che sarebbe bastato uccidere appena un animale ogni tre anni per portare la specie alla definitiva scomparsa.
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