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Le vie della fame portano al cervello

Un ormone particolare, guidato dal cervello, regola l'assunzione della quantità di cibo che assumiamo. Lo rivela uno studio inglese basato sulle tecniche di imaging.

Fame

Un nuovo studio basato sulle tecniche di imaging ha rivelato il circuito cerebrale che decide la quantità di cibo che un individuo consumerà, sia che si senta affamato che del tutto satollo. I risultati, secondo i ricercatori, potrebbero agevolare lo sviluppo di nuovi trattamenti contro l’obesità.

In primo luogo Rachel Batterham e colleghi dello University College di Londra hanno dimostrato che un ormone di nome peptide YY (o PYY), rilasciato dall’intestino in quantità proporzionali alle calorie che ingeriamo, è un potente soppressore della fame. Infatti gli studi precedenti hanno rivelato che l’inoculazione endovenosa di PYY in soggetti normali e obesi riduce di oltre il 30 per cento il consumo di alimenti.

Poi il team di Batterham ha usato la risonanza magnetica funzionale (fMRI) per indagare come questo peptide influenzi il cervello. Per farlo hanno monitorato otto soggetti per due volte. La prima mentre avevano la flebo di PYY in modo tale da imitarne il rilascio dopo un pasto, la seconda mentre ricevevano una semplice soluzione salina per via endovenosa. Tutti i soggetti, poi, erano rimasti a digiuno per oltre 14 ore prima di sottoporsi all’esperimento.

Mezz’ora dopo aver lasciato lo scanner, Batterham ha fatto preparare un buffet “mangia ciò che vuoi”, basato sui piatti preferiti di tutti i soggetti, fra i quali figuravano spaghetti alla bolognese e maccheroni al formaggio.

Come ci si aspettava, infatti, i soggetti che avevano assunto il PYY hanno mangiato molto meno. In media il 25 per cento in meno di calorie. I risultati dell’fMRI hanno mostrato che il PYY non solo accende l’ipotalamo – il terminale principale per il controllo del metabolismo – ma aumenta anche l’attività della corteccia frontale orbitale (OFC), un’area coinvolta nei meccanismi di ricompensa e piacere. “Non mi aspettavo assolutamente – ammette Batterham – che il peptide potesse influenzare l’area della ricompensa”.

Inoltre, i mutamenti nell’attività di queste due aree possono addirittura  predire con precisione quanto cibo sarà inghiottito dagli individui a ogni pasto. Per coloro che avevano assunto la soluzione salina, l’attività dell’ipotalamo consentiva di prevedere quante calorie avrebbero consumato, mentre per quelli che avevano ricevuto il PYY era l’area del piacere a determinare la necessità di cibo.

Adesso Batterham sta pensando di ripetere l’esperimento su soggetti obesi e anoressici perché una precedente ricerca ha dimostrato che coloro che sono più grassi hanno livelli inferiori di PYY e ne rilasciano meno dopo i pasti in confronto alle persone che sono in forma. Subire un intervento chirurgico per l’impianto di un bypass gastrico, poi,  incrementa i livelli del peptide. “Dobbiamo ancora imparare molto sull’argomento” ammette la ricercatrice.

Clifford Saper, neurologo della Harvard Medical School di Boston, ritiene questo studio interessante perché è il primo a indagare gli aspetti cognitivi di un comportamento legato a un determinato ormone. “E poi – commenta Saper – capire ciò che muove questi comportamenti ormonali è solo un primo passo per combattere l’obesità”.

“Noi umani – aggiunge Saper - siamo circondati dalla tentazione di gola veicolata da tutti questi cibi che appaiono gustosi e tutto questo meccanismo ci fa andare oltre il limite della sazietà”.

“Credo che sia un ottimo lavoro – rivela Micheal Schwartz dell’Università di Seattle che conduce studi sulla relazione fra alimentazione e attività cerebrale – che consente all’intera nostra disciplina di fare un bel balzo in avanti”.

 

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