Un nuovo studio svela il mistero di come alcuni microbi e batteri possano sopravvivere a temperature e condizioni estreme, tra i ghiacci di Antartide e Groenlandia.
La resistenza di microbi e batteri a condizioni climatiche estreme è conosciuta e studiata da tempo.
Una conferma delle loro incredibili capacità di sopravvivenza è arrivata di recente da uno studio effettuato su microbi che possono sopravvivere intrappolati dentro a cristalli di ghiaccio, seppelliti sotto uno strato di 3 chilometri di neve.
Secondo il nuovo studio esistono dei batteri che possono sopravvivere in queste condizioni per oltre 100.000 anni: si tratta di una scoperta che va a sostegno delle teorie secondo cui pianeti ghiacciati lontani dalla terra potrebbero racchiudere semplici forme di vita.
Batteri vivi sono stati ritrovati in calotte di ghiaccio estratte da una profondità di 4 chilometri sotto i ghiacci dell'Antartide.
Sebbene alcune critiche abbiano affermato che i batteri ritrovati non venissero dal passato, bensì fossero frutto della contaminazione del campione avvenuta durante l'estrazione e durante l'analisi in laboratorio, le prove a favore che si tratti di forme di vita che sopravvivono per lungo tempo nel ghiaccio sono molte.
Nel 2005, un gruppo di scienziati ha riportato alla vita un batterio che era rimasto "addormentato" in un lago ghiacciato dell'Alaska per 32.000 anni.
Recentemente, i fisici Buford Price e Robert Rohde, entrambi dell'Università della California, a Berkeley (Stati Uniti) hanno trovato il modo per spiegare come questi microbi riescano a sopravvivere in condizioni tanto estreme.
I ricercatori hanno dimostrato che attorno ai microbi si forma spontaneamente un sottilissimo strato di acqua allo stato liquido, dove si diffondono ossigeno, idrogeno, metano e altri gas simili grazie alla presenza di bolle d'aria nelle vicinanze, permettendo così ai batteri di recuperare gli alimenti che gli sono indispensabili per sopravvivere.
In questo modo, qualsiasi microbo può restare in vita all'interno di uno strato di ghiaccio, riuscendo a sopravvivere a temperature che possono scendere fino a 55 gradi sotto zero, e a una pressione di 300 atmosfere.
Tuttavia, in condizioni di vita così estreme i microbi non sono in grado di crescere e riprodursi, e limitano la loro attività alla riparazione e rigenerazione di eventuali danni molecolari che subiscono.
Questo "consumo minimo" gli permette di sopravvivere milioni e milioni di anni: "dobbiamo tenere in conto che si tratta di una forma di vita molto diversa da quella legata al nostro immaginario comune", afferma Robert Rohde, "questi batteri si limitano a restare immobili e sopravvivere nel luogo in cui si trovano, magari sperando che un giorno il ghiaccio si sciolga", spiega.
Per verificare la loro ipotesi, i ricercatori hanno analizzato i campioni di ghiaccio estratti a varie profondità in Antartide e Groenlandia, dove sono stati ritrovati esemplari di batteri isolati.
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"La maggior parte dei pianeti e lune scoperti finora sono composti per la maggior parte di ghiaccio", afferma lo studioso, "e sicuramente gli eventuali 'abitanti' di questi luoghi avranno sviluppato dal punto di vista evolutivo le stesse capacità di resistenza in condizioni estreme che sono state osservate nei batteri ritrovati in Antartide o Groenlandia", conclude.
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