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Chiara Valentini

Chiara Valentini

Genitori sotto vetro

"Interrogando varie decine di pazienti, in prevalenza donne, (...) ho incontrato prima di ogni altra cosa un desiderio di maternità e paternità profondo". Così Chiara Valentini introduce il suo libro La fecondazione proibita (Feltrinelli, 2004), un racconto della storia della fecondazione assistita in Italia. Abbiamo discusso con la giornalista di come e con quali immagini riproduzione medicalmente assistita, embrioni e provette sono entrati nei media e nel nostro immaginario.

28 maggio 2005
Ilenia Picardi

Quando, in Italia, si comincia a discutere di riproduzione medicalmente assistita?

Una ventina di anni fa, con la nascita da una provetta della prima bimba italiana. A portarla al mondo, il 19 maggio del 1984, era stato il dottor Ettore Cittadini dell'ospedale universitario Vincenzo Cervello di Palermo. Sin dal principio, però, il dibattito italiano si differenzia da quello che, parallelamente, si sviluppa negli altri paesi europei. In Inghilterra, per esempio, alla nascita di Louise Brown, la prima bambina al mondo della provetta, aveva seguito un'appassionata discussione sulle nuove tecniche di concepimento e sui nuovi modi di pensare alla nascita; da subito era emersa la necessità di regole condivise e, nello stesso tempo, flessibili. Nel nostro paese, invece, se ne è parlato con toni sommessi, un po' sottobanco, come si trattasse di una cosa bizzarra più che di una scoperta scientifica. Un atteggiamento che ha lasciato in ombra la storia della provetta in Italia.

Per quale motivo, secondo Lei?

Per diverse ragioni. Prima fra tutte per la contrarietà della Chiesa; poi perché, in un paese cattolico come il nostro, esiste un certo imbarazzo a parlare di un argomento che attiene da un lato alla sessualità, dall'altro alla sterilità. Nella nostra cultura la fertilità è quasi un mito: una donna che se non può essere madre è stata spesso vista come una donna dimezzata; ancor più, la fertilità è un mito per l'uomo, per il quale è stato sinonimo di virilità. Sono immagini della sessualità e della fecondità oggi per lo più superate, ma che nel passato hanno condizionato fortemente il nostro modo di vivere e pensare alla nascita.

Quando la fecondazione assistita compare nei nostri media?

Solo dopo alcuni anni, quando si comincia superare l'imbarazzo iniziale. Le storie riportate, però, parlano soprattutto di "casi limite". Nei programmi televisivi compaiono coppie di gay che comprano su internet semi che poi vengono recapitati per posta; si parla delle mamme nonne, donne che attraverso tecniche di fecondazione assistita riuscivano ad avere un bambino anche dopo la menopausa; poi c'è stato lo scandalo per la fecondazione post-mortem, concepimento avvenuto con il seme congelato di un compagno deceduto.

Non si può però dire che siano mancati articoli seri ...

Certo, c'è stata anche molta informazione corretta ma il messaggio prevalente è risultato distorno. Concentrando l'attenzione pubblica su casi estremi si è contribuito a creare un'immagine ambigua della fecondazione assistita: quella di una tecnica che sfida le regole della natura; una visione che certamente non è rappresentativa della realtà della fecondazione assistita in Italia.

Con la Legge 40/2004 lo scenario mediatico è cambiato ulteriormente ...

Sì, da quando si discute della legge siamo immersi in una guerra ideologica. Da un lato, c'è chi sostiene le ragioni della ricerca scientifica, la libertà della donna di decidere di se stesse, del proprio corpo, della propria fertilità. Dall'altro c'è chi fa dell'embrione una sorta di "totem" e compie un enorme salto logico che trasforma alcune cellule in un bambino. Questa associazione rischia di trasformarsi nel dibattito pubblico in semplicistiche o errate associazioni: per esempio, nel parlare del crioconservazione degli embrioni a volte sembra si faccia riferimento a tecniche di congelamento dei bambini, la ricerca sulle cellule staminali embrionali diventa una sperimentazione sui neonati.

Nel suo libro parla di nuove geometrie della mente, una sorta di svolta culturale nel pensare alla nascita...

Sì, le tecniche di procreazione assistita spezzano il legame secolare fra atto sessuale e concepimento e contemporaneamente rafforzano un nuovo concetto, quello della genitorialità sociale. Se ne discute poco e l'atteggiamento di chi vuole favorire a tutti i costi un legame di sangue tra genitore e figlio sembra mettere in crisi anche sull'adozione.

Qual è, secondo lei, la comunicazione mancata sulla fecondazione assistita?

Quella che racconta la realtà delle tantissime coppie, giovani o meno giovani, che fanno fatica ad aver un figlio e ricorrono alla scienza per averlo. In Italia, negli ultimi vent'anni, sono nati dalla fecondazione assistita circa 50 000 bambini, tanti da popolare una città di provincia. Ogni anno oggi ne nascono almeno 7000. La procreazione assistita è una storia che riguarda un numero sempre più grande di persone e che ne riguarderà sempre di più: medici e ricercatori registrano un costante aumento di casi infertilità e sterilità, sia negli uomini sia nelle donne. Si calcola che almeno una coppia su 15, forse su 20, ha dei problemi a concepire. Le storie del popolo della provetta sono fatte della sofferenza di chi vuole diventare genitore e non ci riesce, di debilitanti stimolazioni ormonali, della felicità per la nascita di un bambino: narrazioni che vivono in uno spazio fisico e mentale diverso da quello in cui, in questi anni, si è svolto il dibattito.

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Una questione di fiducia

Mario Riccio Mario Riccio

La conclusione del “caso Englaro” non chiude la questione spinosa della legge sul testamento biologico che in Italia ancora manca e anzi, se come è probabile, verrà votata in questi giorni una legge circoscritta unicamente all'alimentazione e all'idratazione artificiale dei pazienti incapaci di provvedere a se stessi, si rischia di cadere nel caos più assoluto. Come spiega Mario Riccio, medico “Che ha fatto la volontà di Piergiorgio Welby” come recita il titolo di un suo libro – e che è stato assolto l'anno scorso dall'accusa di “omicidio consenziente” - non saranno solo i cittadini a farne le conseguenze, ma anche i medici che si troveranno ad affrontare situazioni sempre più complicate e pazienti sempre meno fiduciosi.

Federica Sgorbissa

11 febbraio 2009

Una legge sul testamento biologico

Boniolo Giovanni Giovanni Boniolo

Il caso Englaro - Beppino Englaro il padre di Eluana, una donna in coma per 17 anni, dopo varie battaglie legali ha ottenuto la sospensione delle cure che tenevano in vita la figlia scatenando così la forte opposizione da parte del Governo Italiano -, ha messo in evidenza la necessità di una legge per il testamento biologico in Italia. Il rischio, o la certezza visto il disegno di legge che dovrebbe essere approvato a breve, è che nella fretta si finisca per far passare un provvedimento parziale e che limiterà la libertà di scelta di ogni cittadino. Con Giovanni Boniolo, filosofo della scienza esperto di bioetica e coordinatore del dottorato in “Foundation of life sciences and their ethical consequences” abbiamo discusso della deriva italiana in fatto di autodeterminazione del paziente.

Federica Sgorbissa

10 febbraio 2009

Tanto rumore per una particella

Maria Curatolo Maria Curatolo

Il Large Hadron Collider è un dispositivo lungo 27 chilometri situato a circa 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Al suo interno i fasci di protoni corrono a velocità della luce. In alcuni punti la temperatura è da brivido, quasi 270 gradi sotto zero. Ma quando i protoni si scontrano la temperatura sale fino a diventare 1000 miliardi di volte maggiore di quella al centro del Sole. I suoi numeri sono da record: LHC oggi è la macchina più potente e la fabbrica di informazioni più grande del mondo. Il suo obiettivo principale? Trovare una particella: il bosone di Higgs. Maria Curatolo, responsabile per l’INFN dell’esperimento ATLAS, spiega a Scienza Esperienza gli obiettivi degli esperimenti di LHC.

Ilenia Picardi

23 settembre 2008

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