La variabilità tra gli esseri umani è molto più marcata di quanto supposto finora sulla base della mera diversità genetica. Due ricerche indipendenti dimostrano che anche la variazione del numero di copie dei tratti di DNA ha un ruolo determinante. Questi risultati sono di grande portata e rappresentano una rivoluzione della genetica umana
Le differenze tra le persone potrebbero non dipendere soltanto dalle differenze nei geni, ma anche dal numero di copie presenti in ciascun individuo e dal numero di tratti di DNA mancanti.
Due ricerche indipendenti sul genoma umano hanno rivelato che la variabilità tra le persone per quanto riguarda il numero di copie di ogni gene è superiore a quanto previsto. Tali variazioni sembrano riguardare almeno il 12% del nostro DNA, e sollevano la questione di che cosa costituisca un genoma umano “normale”.
Originariamente, si pensava che le differenze tra individui fossero il risultato di mutazioni, attraverso le quali venivano modificate le singole basi di un tratto di DNA, che a loro volta causavano delle modifiche nelle proteine codificate dal DNA.
Negli anni Novanta gli scienziati scoprirono che le persone si differenziano anche nel numero di copie di geni: lunghi tratti di DNA di un individuo risultavano duplicati o cancellati se confrontati con il DNA di un altro individuo. Copie supplementari di geni identici possono addirittura provocare delle malattie, anche senza che sia intervenuta una mutazione.
Non è ancora chiaro quanto DNA venga duplicato o cancellato, ma ora due gruppi indipendenti hanno trovato che questo processo interessa una porzione di genoma superiore a quanto ci si aspettasse.
Stephen Scherer dell’Ospedale per le malattie infantili di Toronto (Canada) e i suoi colleghi hanno trovato tratti differenti di DNA che erano stati cancellati o duplicati nelle uniche due sequenze di genoma umano complete finora prodotte. Hanno scoperto circa 24 milioni di nucleotidi interessati da queste “variazioni del numero di copie”.
Gli scienziati affermano l’aggiunta di questo tipo di variazione, alle mutazioni delle singole basi che già conoscevamo, significa che “esiste molta più variazione tra gli esseri umani di quanto fosse stato stimato in precedenza”. Nel momento in cui la genetica personalizzata diventerà più comune, sostengono gli scienziati, verranno sollevate delle questioni su che cosa si debba considerare come “normale”.
Nel frattempo, Matt Hurles del Wellcome Trust Sanger Institute a Cambridge (UK) e i suoi colleghi hanno confrontato i genomi di 270 persone di quattro gruppi etnici diversi: i Yoruba in Nigeria, i discendenti degli europei negli Stati Uniti, i cinesi Han a Pechino e i giapponesi di Tokyo. Hanno misurato il numero di copie dei geni studiando il modo in cui diversi tratti del genoma si legano insieme.
Hanno scoperto 1447 variazioni del numero di copie che interessano circa il 12% del genoma umano “Una delle vere sorprese di questi risultati è stato scoprire quanto DNA umano subisca variazioni del numero di copie. Adesso siamo in grado di valutare nella giusta misura l’immenso contributo di questo fenomeno nelle differenze genetiche tra gli individui,” dice Hurles. “Ognuno di noi ha una distribuzione unica di aumento e perdite di sezioni complete di DNA.”
“Questa ricerca cambierà per sempre il campo della genetica umana,” afferma James Lupski del Baylor College of Medicine a Houston (USA), un altro esperto di variazioni nel DNA non coinvolto nelle ricerche. D‘ora in poi nella ricerca delle basi genetiche, gli scienziati dovranno guardare non soltato le mutazioni ma anche le variazioni del numero di copie, conclude. I nuovi dati sono stati messi a disposizione pubblicamente per favorire i ricercatori di questo settore, e sono stati pubblicati su “Nature Genetics” (DOI: 10.1038/ng1921) e “Nature” (vol. 444, p. 444).
Debora MacKenzie
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