Per chi non avesse avuto la sventura di sperimentarla, la sensazione è quella di prendere una forte sberla “elettrificata”: la puntura della medusa, così intensa anche per l'essere umano, è letteralmente micidiale per molti animali marini e garantisce la sopravvivenza dell'animale che la usa per cacciare e per difendersi. Una ricerca pubblicata sul Current Biology ora dimostra che questi celenterati hanno ereditato la loro capacità offensiva da un batterio.

Questi animali dalla struttura piuttosto primitiva in tempi antichi devono aver letteralmente rubato una porzione di DNA da un microbo, come spiega Nicolas Rabet dell'Università Pierre e Marie Curie di Parigi, Francia. Lo scienziato parla di “trasferimento genetico orizzontale”, cioè del passaggio di materiale genico fra organismi adulti, talvolta addirittura, come in questo caso, da una specie a un'altra (a differenza di quella verticale che avviene genitori e figli).

Comune fra gli animali monocellulari, non è stata spesso osservata in animali superiori. Il gene implicato è responsabile della codifica di una sintetasi poli-gamma-glutammata (PGA), una delle maggiori componenti delle cellule urticanti in tutto il filum dei cnidari.

Attraverso un analisi filogenetica Rabet e colleghi hanno scoperto che il gene presente nelle meduse assomiglia molto a quello batterico. Secondo i ricercatori inoltre questa sequenza di nucleotidi sarebbe transitata in molte specie, restando attiva però solo in alcune.

Gli scienziati, grazie a una serie di nuove prove, stanno cominciando a pensare che il trasferimento genetico orizzontale sia più comune di quanto creduto, anche fra gli animali multicellulari. Se ulteriori studi confermeranno la diffusione di questo fenomeno, anche il modo di pensare all'evoluzione subirà un radicale cambiamento.