Fossili australiani evidenziano che gli antichi mari erano ricchi di composti a base di zolfo.
Gli oceani della Terra preistorica erano tossici perché ricchi di composti dello zolfo e avrebbero potuto impedire lo sviluppo di forme di vita evolute come i mammiferi e i pesci. Lo sostiene uno studio realizzato da ricercatori del Massachusetts Institute of Technology e della Harvard University, con la collaborazione di scienziati australiani e inglesi.
I ricercatori, finanziati dalla NASA, hanno preso in esame i fossili di pigmenti fotosintetici vecchi di 1 miliardo e 600 milioni di anni, trovati in alcune rocce del bacino McArthur nell'Australia settentrionale.
In questi pigmenti sono state trovate tracce di batteri che avevano la necessità di sfruttare i composti dello zolfo e la luce solare per sopravvivere. Inoltre, i ricercatori hanno trovato tracce molto scarse di alghe e di batteri produttori di ossigeno: erano stati in gran parte avvelenati dallo zolfo. "Questa scoperta — spiega Carl Pilcher, un ricercatore della NASA — suggerisce che gli oceani erano ambienti ostili alla vita fino a un periodo geologico non troppo distante".
"Probabilmente per sette ottavi della vita della Terra gli oceani non contenevano ossigeno sufficiente a sostentare molte forme di vita, e sicuramente i mammiferi marini", aggiunge un membro del team di ricerca, Jochen Brocks. La ricerca, pubblicata sull'ultimo numero di "Nature" (vol. 437, 6 ottobre 2005), evidenzia che probabilmente i batteri potevano ottenere i solfuri a circa 20-40 metri di profondità. Questi ultimi erano presenti nell'acqua di mare per effetto dell'attività meteorica che dilavava i solfati dalla terraferma agli oceani. Qui intervenivano i batteri che scomponevano i solfati in solfuri.
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