Un curioso esperimento smonta una delle leggende più diffuse del cinema.
Sebbene i film dell'orrore descrivano spesso la morte di una persona inghiottita dalle sabbie mobili, un esperimento dimostra che non si tratta di un evento molto probabile. Secondo i risultati ottenuti da Thomas Zimmie, un esperto di meccanica dei suoli del Rensselaer Polytechnic Institute di Troy nello Stato di New York, il corpo di una persona non è denso a sufficienza per essere inghiottito da questa presunta trappola naturale.
Le sabbie mobili sono composte da sabbia mescolata con acqua al punto tale che la frizione tra i granelli della sabbia è annullata, impedendo al composto di sostenere un peso. "La versione di Hollywood delle sabbie mobili è sbagliata", sostiene Zimmie. D'accordo anche un altro esperto della questione, Daniel Bonn dell'Università di Amsterdam in Olanda.
In un viaggio in Iran, Bonn ha visitato il lago Namak nel Nord del paese, dove ci sono alcuni cartelli che avvertono i visitatori del rischio legato alle sabbie mobili lungo le sue rive. Parlando con i pastori locali, Bonn ha anche raccolto testimonianze di tragedie legate a questo fenomeno naturale. Tornato in Olanda ha deciso di replicare in laboratorio le sabbie mobili, per cercare di svelare una volta per tutte il mistero.
Una volta mescolata fra loro sabbia, argilla e acqua nelle corrette proporzioni, Bonn ha posto sulla superficie del composto alcuni grani di alluminio della stessa densità di un corpo umano e ha visto che cosa accadeva. I grani sono stati solo parzialmente sepolti. A quanto pare infatti le sabbie mobili modificano il loro stato in seguito alla pressione che viene esercitata su di loro e attirano verso il basso l'oggetto. Però non lo sommergono completamente, a meno che non sia denso a sufficienza, per cui una persona parzialmente sepolta deve solo aspettare un po' fino a che la sabbia non trova un nuovo equilibrio e lo risputa fuori. Il problema maggiore è quando arriva la marea: la persona intrappolata può anche non riuscire a liberarsi in tempo, perché la forza con cui viene attirato verso il basso è tale da rendere molto difficile la liberazione.
La perdita di due dei tre rotori di reazione potrebbe rendere impossibile la missione di studio dell'asteroide Itokawa.
Nuoto nello sciroppo, potenza di fuoco intestinale dei pinguini e l'esperimento più lungo del mondo tra i premiati di quest'anno.
Fossili australiani evidenziano che gli antichi mari erano ricchi di composti a base di zolfo.
Un satellite della NASA e vari telescopi terrestri e spaziali sono riusciti nell'impresa.
Il sequenziamento del genoma del virus che uccise 50 milioni di persone nel 1918 dimostra affinità con quello dell'H5N1, il virus dell'influenza aviaria.
Il più grande oggetto scoperto oltre l'orbita di Nettuno ha una massa sufficiente da attrarre una piccola luna, Gabrielle.
Glauber, Hall e Haensch premiati per i loro lavori sull'ottica.
Il nuovo amministratore della NASA però ha già dichiarato la sua contrarietà al grande programma internazionale.
Un libro inglese ipotizza che la patria dell'eroe omerico fosse un'isola al largo di Cefalonia, poi divenuta una penisola.
Uno studio tedesco evidenzia che il clima cambierà sempre più velocemente.
La missione europea destinata al secondo pianeta del Sistema solare punta a svelare i segreti della sua atmosfera.
La scoperta si deve al telescopio spaziale Hubble e potrebbe rivoluzionare le teorie sulla formazione di questi oggetti celesti.
Le condotte usate per scaricare l'anidride carbonica in eccesso nei laghi del Camerun non sono sufficienti a evitare una nuova tragedia.
Grazie a delle speciali etichette elettroniche, gli squali balena del Belize sono stati studiati per capire meglio le loro abitudini e per proteggerli con maggiore efficacia.
Anche l'Alaska sta vivendo le estati più calde degli ultimi secoli e la primavera arriva sempre prima. Conseguenza, ma anche causa, è lo spostamento della vegetazione sempre più a nord.
Lo dice una ricerca svizzera presentata al congresso sulla peer review e le riviste biomediche. Molte le spiegazioni di questo meccanismo, tra cui anche, ovviamente, la lusinga.
Un gruppo di ricercatori tedeschi ha messo a punto un software capace di ricostruire la storia dei popoli utilizzando il confronto tra le strutture grammaticali delle lingue parlate.
Prende di nuovo piede l'ipotesi che l'Homo floresiensis sia una colossale cantonata. In realtà, afferma una scienziata britannica, potrebbe essere stato un sapiens microcefalo.
Se gli scienziati non trovano un accordo per attribuire la qualifica di pianeta a Plutone, forse il problema è nella parola pianeta. Ed ecco che qualcuno propone di cambiarla.
La rivista "Nature" riporta una lunga diatriba sull'origine genetica dei croati e la storia rivista dal punto di vista scientifico.
È il segno della gigantesca esplosione di una stella lontana più di 12 miliardi di anni luce.