Più anidride carbonica uguale più produzione? Secondo un ricercatore americano le cose non starebbero affatto così.
Brutte notizie per chi pensava che un'atmosfera più ricca di anidride carbonica si traducesse in un aumento della produzione agricola. I primi esperimenti condotti sul campo dimostrano infatti che le cose non stanno così e che, anzi, man mano che i cambiamenti climatici progrediranno, la produzione agricola potrebbe calare anche in modo consistente, creando nuovi problemi.
Lo sostiene Steve Long, un esperto agronomo della "Università dell'Illinois" di Urbana-Champaign, che ha presentato i risultati di quattro esperimenti condotti in campo aperto in Cina, Stati Uniti e Giappone, nel corso di una conferenza organizzata dalla "Royal Society" a Londra. Gli esperimenti di Long sono basati sul pompaggio di anidride carbonica attorno ai campi coltivati, in modo da simulare una futura atmosfera più ricca di questa sostanza e sono chiamati Face (Free-Air Concentration Enrichment).
I risultati di Long sono in conflitto con quanto osservato in laboratorio e con il crescente consenso degli scienziati su un possibile effetto di fertilizzazione dell'anidride carbonica, secondo i quali concentrazioni più alte di questa sostanza dovrebbero favorire un'accelerazione della fotosintesi e quindi un aumento della produzione agricola. In alcuni di questi esperimenti, però, Long ha aggiunto alcune variabili di cui non si era mai tenuto conto prima. In particolare, l'aumento delle concentrazioni di ozono in superficie. È così che ha visto che un aumento del 20% di questo gas si traduce in una riduzione del 20% della produttività delle colture. Poiché entro il 2050 sono previsti dei notevoli aumenti della concentrazione di ozono in Cina, India, Europa e Stati Uniti la riduzione della produttività agricola potrebbe essere tra il 10% e il 15%.
Non tutti gli scienziati presenti alla conferenza si sono detti d'accordo con le conclusioni di Long, ma altri hanno sottolineato come per i paesi tropicali ci potrebbero essere forti aumenti di temperatura con periodi brevi e supercaldi (oltre i 40 gradi centigradi) che si tradurrebbero nella completa distruzione delle colture. La notizia è riportata dal "New Scientist.
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