Nuovi esperimenti, condotti anche da ricercatori italiani, svelano che la misteriosa particella è forse un miraggio.
Il pentaquark, una particella subatomica individuata nel 2003 in fin dei conti potrebbe anche non esistere ed essere unicamente un miraggio. A dirlo un gruppo di ricercatori internazionali che aderiscono al programma CLAS e che hanno usato per i loro esperimenti il Thomas Jefferson National Accelerator Facility in Virginia.
I risultati degli studi sono stati presentati da Raffaella De Vita dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare italiano (INFN) alla conferenza della American Physical Society tenuta a Tampa in Florida.
La particella, la cui durata di vita si supponeva essere molto breve, doveva essere composta da cinque quark, i mattoni fondamentali della materia. Normalmente i quark si uniscono a gruppi di due o di tre, ma alcuni teorici russi calcolarono nel 1997 come sarebbe dovuto essere un pentaquark e convinsero fisici giapponesi a cercarlo. I giapponesi annunciarono nel 2003 di averlo trovato, individuando alcune particelle prodotte dal suo decadimento.
Si aprì così una corsa per cercare di confermare l'osservazione, senza però che nessuno dei gruppi di ricerca coinvolti, circa una dozzinanel mondo, riuscisse mai a individuare tracce evidenti dell'esistenza di questa particella. La stessa teoria di base sviluppata dagli scienziati russi sembrava essere agli occhi di molti ricercatori poco solida: in particolare la particella sembrava decadere in un tempo superiore di 100 volte alle altre particelle di massa paragonabile.
Il team CLAS ha provato a ripetere alcuni esperimenti già condotti, sparando fotoni energetici in idrogeno liquido senza però ricavare alcuna traccia dell'elusiva particella. Un esperimento simile, chiamato Saphir, era stato condotto da un team tedesco anni fa e aveva portato a qualche risultato. In questo caso però i dati raccolti sono stati dieci volte superiori a quelli tedeschi e i risultati 50 volte più precisi.
I dati presentati a Vienna dimostrano che l'ozono sull'Europa centro-settentrionale ha raggiunto in primavera i suoi minimi storici.
La ricerca pubblicata su "Nature" non avrà scopi commerciali ma potrà essere usata in molte applicazioni scientifiche.
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