Grazie alla deviazione di alcuni fiumi potrebbe essere salvato il bacino del Mare d'Aral, destinato alla desertificazione. Oltre a risolvere la crisi idrica delle ex repubbliche sovietiche.
Sembra guadagnare sempre più favore in Russia l'ipotesi di deviare l'acqua dei fiumi siberiani che sfociano nel Mar Glaciale Artico, per risolvere la crisi idrica delle repubbliche ex sovietiche in Asia Centrale. Nella notizia rilanciata nei giorni scorsi dalla rivista New Scientist, si spiega che il piano, già ipotizzato durante il regime comunista, prevede la costruzione di un canale largo 200 metri e profondo 16 metri che colleghi il fiume Ob e il fiume Irtys, nella Siberia Occidentale, ai fiumi Amudarya e Syrdarya che sfociano nel Mare d'Aral.
In totale si tratta di un percorso di 2500 chilometri che dovrebbe consentire di trasportare circa 27 chilometri cubi di acqua all'anno. Si tratterebbe solo del 7 per cento del flusso di acqua dell'Ob, che però aumenterebbe del 50 per cento l'acqua totale che entra nel Mare d'Aral, ormai destinato a trasformarsi in un deserto. Il progetto risolverebbe due problemi. Il primo è l'incremento del flusso di acqua dolce che dai due fiumi siberiani si riversa nel Mar Glaciale Artico a causa dell'aumento delle precipitazioni nella regione.
Molti scienziati temono però che questo potrebbe sconvolgere il percorso della Corrente del Golfo, allontanandola dalle coste settentrionali dell'Europa e della Russia e rendendole così ancora più fredde e inospitali. Secondo obiettivo, aiuterebbe le repubbliche dell'Asia Centrale a produrre più cotone, che è la loro principale fonte di reddito, a risolvere il problema della diminuzione delle precipitazioni prevista per i prossimi anni e a salvare il bacino dell'Aral. Secondo gli ambientalisti, però, tutto questo si potrebbe trasformare in un disastro ambientale su scala enorme.
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