L'Italia minaccia di porre il veto alle politiche europee contro il cambiamento climatico a causa della crisi finanziaria globale. Ma è così conveniente continuare a inquinare?
“C'è crisi. C'è grossa crisi”. Probabilmente è l'intercalare più in voga del momento, che forse ha sostituito le classiche conversazioni calcistiche da bar. È un'intercalare che è risuonato anche nei corridoi e nelle aule del palazzo di Bruxelles, quello dell'Unione Europea, tanto che la crisi economica è sembrata la giustificazione più logica per porre un freno agli sforzi per combattere il riscaldamento globale.
Nonostante l'appello del Presidente della Commissione Europea Jose Manuel Barroso a non sacrificare la lotta contro il cambiamento climatico a causa degli urgenti problemi economici derivati dalla crisi finanziaria globale, l'Italia non ci sta.
Giovedì scorso Emma Marcegaglia, a capo di Confindustria, ha dichiarato che il Capo del Governo Silvio Berlusconi, se necessario, dovrebbe imporre il diritto di veto contro la lotta al cambiamento climatico.
La Marcegaglia ha dichiarato al Corriere della Sera che il programma dell'Unione Europea costerebbe circa 180 miliardi di euro e le aziende italiane perderebbero dai 20 ai 27 miliardi di euro per una riduzione dei gas serra giudicata “ridicola”.
“Con queste misure anti-inquinamento si uccide l' industria europea. Il governo ha capito che ci giochiamo il futuro”, commenta la leader di Confindustria.
La reazione del Capo del Governo Silvio Berlusconi non si è fatta attendere. “Ho annunciato che io arriverò ad interporre anche il diritto di veto” annuncia Berlusconi con una dichiarazione apparsa sul Corriere della Sera giovedì scorso.
L'Unione Europea finora ha ottenuto importanti risultati per ridurre le emissioni di gas serra del 20 percento entro il 2020 dai livelli del 1990, attraverso politiche per il miglioramento dell'efficienza energetica andando verso l'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili.
Tuttavia Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, ha dichiarato all'Adn Kronos che ''per rispettare veramente Kyoto serve un sistema meno rigido, che consenta all'Italia e agli operatori di aiutare le industrie dei Paesi emergenti ad abbattere le emissioni a costi molto più contenuti rispetto a quelli che dovremmo sostenere in Europa per raggiungere lo stesso obiettivo''.
L'Italia, in ogni caso, è in buona compagnia. Anche la Polonia, infatti, che basa gran parte della sua politica energetica sul carbone, ha minacciato il veto sulle politiche comunitarie.
“Questo non è il momento di abbandonare l'agenda sul cambiamento climatico, che è molto importante per il futuro”, ha implorato il Primo ministro inglese Gordon Brown. “Bisogna pensare a una politica a lungo termine”.
Ancora più netto è Stavros Dimas, commissario europeo all'Ambiente, che si dichiara sbalordito dall'atteggiamento italiano. "In Italia - ha dichiarato Dimas al Corriere della Sera di oggi - i numeri sono completamente al di fuori di ogni proporzione rispetto a quello che chiediamo ai Paesi di fare. Non so da dove vengono, ma non sono ciò che noi chiediamo".
Tutto ciò sta avvenendo mentre alcuni economisti europei propongono il “Green New Deal”, per creare milioni di posti di lavoro e far risollevare le sorti dell'economia mondiale, abbattendo la povertà, limitare i disastri ambientali.
The Green Economy Initiative, promosso dall'United Nations Environment Programme (UNEP) trae ispirazione dal famoso New Deal, il piano economico messo in atto da Franklin Delano Roosevelt con il quale risollevò gli Stati Uniti (e con effetti a cascata il mondo intero) dalla Grande depressione iniziata con la crisi del 1929.
Achim Steiner, il Direttore esecutivo dell'Unep aggiunge che la nuova ricerca dimostra che ogni anno, per esempio, le deforestazioni bruciano 2,5 trillioni di dollari in servizi, mancanza di acqua, erosione, ecc. Per intenderci, si stima che la crisi finanziaria globale avrà un costo di circa 1,5 trilioni di dollari.
“Stiamo spingendo come non l'abbiamo mai fatto finora i limiti della sostenibilità del pianeta”, ha dichiarato Steiner al quotidiano The Independent. “Se andiamo avanti così le crisi saranno sempre peggiori”.
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