La capacità di produrre luce verde della proteina GFP è stata usata per comprende e seguire in vivo importanti processi biologici. Ecco la motivazione del Premio Nobel per la Chimica a Shimomura, Chalfie e Tsien
Più biologia che chimica: il premio di quest’anno alla Chimica è stato assegnato a tre scienziati statunitensi per la scoperta della proteina GFP responsabile della fluorescenza della medusa Aequorea victoria, e per il suo utilizzo nello studio dei processi biologici. Ma ormai la chimica è proprio questo: si intrufola in tutte le scienze, dalla biologia a molti settori della fisica e delle neurscienze, e senza di lei non si può stare in molti campi estremamente avanzati delle scienze.
La proteina fu inizialmente scoperta nel 1962 nelle meduse Aequorea victoria: esseri quasi trasparenti che normalmente sono bluastri e diventano verdi quando sono disturbati. La responsabile della produzione dei brevi flash verdi, che le meduse producono se per esempio vengono toccate, è proprio la proteina oggetto del premio Nobel di quest’anno. Si trattava di una ricerca di scienza di base, fatta per la pura curiosità di scoprire il meccanismo che permetteva alle meduse di produrre la loro bella luce.
Ben presto la proteina delle medusa divenne una delle protagoniste della biologia, uno strumento importantissimo per comprendere processi biologici quali lo sviluppo delle cellule nervose nel cervello o la diffusione delle cellule cancerose nel corpo.
La proteina GFP non richiede un ambiente particolare per diventare fluorescente e può venire espressa attraverso tecniche biotecnologiche in diverse cellule, dai batteri, alle cellule vegetali e animali. La GFP può attaccarsi ad altre proteine usando le usuali tecniche di DNA ricombinante: in questo modo risulta possibile seguire la sintesi, la posizione e gli spostamenti delle proteine stesse all’interno delle cellule viventi, osservandole con un convenzionale microscopio a fluorescenza.
Il Premio Nobel per la Chimica 2008 rende merito a Osamu Shimomura che ha isolato per primo la proteina e a Martin Chalfie per aver dimostrato la possibilità di usare la GFP come marcatore genitico in diversi fenomeni biologici e a Roger Y. Tsien che ha permesso una comprensione più approfondita del meccanismo e l’ha esteso anche ad altri colori, permettendo così di seguire più processi in parallelo.
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