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L'autodifesa delle api

Un nuovo studio dimostra come le api hanno imparato a difendersi dai loro più grandi predatori, i calabroni: trecento api lo circondano fino a soffocarlo.

Un ape

Accerchiare e soffocare il nemico.

Secondo una recente ricerca, si tratta della tecnica più comune utilizzata dalle api per difendersi da eventuali nemici: vi si scagliano contro in gran quantità, fino a formare un gruppo compatto che lo ricopre impedengogli di respirare.

La tecnica di autodifesa è stata osservata nelle api dell'isola di Cipro (clicca qui per vedere il sito del Bee Lab, il laboratorio dove è stata fatta la scoperta).

Non appena un calabrone si avvicina minacciosamente all'alveare, un grande sciame di api lo circonda formando una specie di grossa bolla compatta che lo avvolge, sempre più stretta, fino ad arrivare a ucciderlo per soffocamento.

I ricercatori avevano individuato questa tecnica di autodifesa delle api già in passato, ma non erano mai riusciti a stiduare da vicino e nel dettaglio le sue dinamiche.

Recentemente è stato possibile, attraverso varie osservazioni, dimostrare che le api riescono ad eliminare il potenziale aggressore privandolo dell'ossigeno, ovvero soffocandolo.

I calabroni sono predatori senza pietà, che si nutrono di api e che hanno una tecnica di caccia piuttosto macabra: si avventano sulle api, strappandone la testa con un morso, e poi la portano fino al proprio nido per poterla mangiare.

Spesso i calabroni non solo attaccano le api, ma si addentrano negli alveari per cercare quello che considerano il loro cibo preferito: le larve deposte dall'ape regina.

"Possono uccidere intere colonie di api in poche ore", spiega Alexandros Papachristoforou della Aristotle University di Thessaloniki, in Grecia, autore dello studio.

Soprattutto dopo estati molto secche le api diventano sempre più deboli a causa della mancanza di cibo, e le loro difese si fanno sempre meno efficaci.

Negli anni di siccità gli apicoltori affermano di perdere quasi il 30 per cento delle api che popolano gli alveari, a causa di attacchi e invasioni da parte dei calabroni. Sono stati proprio gli apicoltori a osservare per primi le tecniche di autodifesa delle api.

Quando sono in buone condizioni di salute, le api sono in grado di formare molto velocemente una bolla (la cui forma assomiglia un po' a quella di un limone) composta di circa 150 - 300 api, che circonda il calabrone invasore ancora prima che possa entrare nell'alveare.

Le api sanno bene di non poter pungere col loro pungiglione i calabroni, che sono ben protetti dal guscio che li ricopre.

Per molto tempo i ricercatori si sono chiesti come le api riuscissero a uccidere il calabrone dopo averlo circondato, visto che non possono pungerlo.

La prima ipotesi, formulata nel 1990 e dimostrata attraverso tecniche di termografia, fu quella che le api uccidessero il nemico "arrostendolo", ovvero attraverso l'accumulo del calore dei loro corpi che è in grado di raggiungere temperature molto alte.

Tentando di fare le stesse osservazioni su un gruppo di api dell'isola di Cipro, Alexandros Papachristoforou ha scoperto che nel loro caso a uccidere il calabrone non era la temperatura. La termografia dimostrava infatti che all'interno della "bolla di api" non si superavano i 44 gradi ( i calabroni muoiono a una temperatura di 50 gradi).

Questa osservazione ha condotto Alexandros Papachristoforou a concludere che le api usassero un altro metodo per eliminare il nemico: quello del soffocamento.

Le api formano in pochi secondi una trappola che avvolge il calabrone in modo tanto compatto da non permette all'aria di circolare. Dopo circa un'ora, il calabrone se non riesce a liberarsi muore per mancanza di ossigeno.

Ora le ricerche si rivolgeranno a studiare e capire in che modo le api sono in grado di coordinare delle operazioni tanto rapide e accurate. Secondo le supposizioni dello studioso, Alexandros Papachristoforou, le api potrebbero utilizzare dei particolari segnali di allarme generati attraverso ferormoni.

Clicca qui per vedere un video delle api in azione.

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