Cinque nuovi casi di febbre emorragica nella provincia meridionale del Congo, mentre nelle regioni adiacenti la guerra civile provoca emigrazioni di massa.
Nel giorno del sesto anniversario dell’attentato alle Torri Gemelle, dall’Africa giunge un’altra brutta notizia. Infatti l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato lo scoppio della febbre emorragica Ebola nella Repubblica Democratica del Congo. L’agenzia delle Nazioni Unite ha deciso di inviare un team internazionale di esperti per investigare sulla gravità dell’epidemia.
Ben cinque campioni di persone sono risultati positivi al virus Ebola nella provincia meridionale di Kasai occidentale, una zona in cui, secondo il portavoce dell’Oms Gregory Hartl, negli scorsi mesi sono già morte 120 persone su un totale di oltre 300 malati.
Hartl, però, avverte che non tutti questi decessi sono necessariamente dovuti a Ebola. Infatti c’è il sospetto che altre malattie stiano devastando la zona “dal momento che – dichiara Hartl – alcuni pazienti trattati con antibiotici mostravano di essere stati affetti da Shigella, un’infezione che si diffonde attraverso cibo e acque contaminati”.
Purtroppo, però, non ci sono trattamenti, vaccini o cure per Ebola che provoca la morte nel 90 per cento dei soggetti infetti.
“Sappiamo che ci sono cinque casi d’infezione – rivela Hartl – ma crediamo che anche altri virus si stiano diffondendo. Abbiamo bisogno di più esperti sul campo per capire la situazione”.
“Il virus Ebola – rivela la Promed Mail, una mailing list dedicata alle malatie infettive – è un filovirus con una mortalità fra le più alte al mondo se escludiamo la rabbia”.
Eppure, sempre secondo la Promed Mail, se teniamo in conto il numero dei morti e le motivazioni variabili di questa specifica epidemia riportati da molte agenzie di stampa, “è curioso che la mortalità di questo ceppo sia così bassa”.
Ebola viene trasmesso attraverso il contatto con sangue, secrezioni, organi e fluidi corporei delle persone infette, mentre i primi sintomi che si riscontrano sono febbre e dolori muscolari, seguiti da vomito, diarrea e, in alcuni casi, da piaghe sanguinolente.
Sembra che il serbatoio naturale del virus sia localizzato nelle foreste pluviali africane anche se, fino a pochi anni fa, il mistero avvolgeva la sua provenienza. Nel 2005, però, uno studio di Eric Leroy e colleghi del International Centre for Medical Research di Franceville, in Gabon, ha rivelato che le origini di Ebola sono da ricercarsi nei pipistrelli della frutta.
I campioni di quest’ultima esplosione di Ebola, rivela Hartl “sono stati testati dal centro statunitense per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) di Atlanta e da un laboratorio situato in Gabon”.
Martedì scorso l’Oms ha attivato il Goarn (Global outbreak alert and response network), chiedendo ai suoi partner, tra cui il CDC, di inviare epidemiologi e altri esperti. “L’Oms è coinvolto nell’organizzazione di squadre internazionali di esperti pronti ad andare nell’area incriminata”.
La cosa più importante, in questi casi, è informare le comunità locali che Ebola può essere facilmente trasmesso nelle cerimonie di sepolture, durante le quali le persone in lutto entrano spesso a contatto col corpo dell’infetto.
“Quello che dobbiamo fare – aggiunge Hartl – è isolare i casi di Shigella da quelli di Ebola”.
Ancora nessun caso è stato individuato nella regione orientale del paese che nelle ultime settimane è stato dilaniato da guerre intestine fra ribelli e forze governative che hanno obbligato migliaia di civili ad abbandonare le proprie case.
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