Oggi, se degli astronomi si incontrano e iniziano a discorrere, si può star sicuri che prima o poi salterà fuori la domanda "Di che cosa pensi sia fatta la materia oscura?". Questo interrogativo è diventato il problema chiave dell'astronomia e della cosmologia. Sappiamo che esiste della materia oscura nell'Universo perché ne osserviamo gli effetti, grazie all'attrazione gravitazionale che essa esercita sulla materia visibile. Ma non esiste nulla di "visibile" che corrisponda a questa fonte di gravità, né nelle frequenze dell'ottico, né in quelle dell'ultravioletto, dell'infrarosso, delle onde radio o dei raggi X. Per giunta è possibile (seppur non ancora certo) che la massa dell'Universo si trovi per ben il 99% in questa forma oscura e misteriosa. Non c'è da meravigliarsi, dunque, che il bisogno di identificare questo materiale si sia fatto così impellente.
Uno degli aspetti più interessanti del problema consiste nel gran numero di luoghi e di maniere differenti in cui si manifesta la necessità di prendere in considerazione l'esistenza della materia oscura. Tutto è cominciato negli anni Trenta, quando un lungimirante astronomo, Fritz Zwicky, mise in evidenza che i moti delle galassie osservabili all'interno degli ammassi erano di gran lunga sproporzionati rispetto ai valori che erano stati previsti tenendo conto delle sole forze gravitazionali originate dalle altre galassie dell'ammasso. Era dunque necessario pensare una qualche forma di materia oscura.
La massa invisibile
Dapprima sembrava possibile che questa materia oscura potesse consistere semplicemente di gas situato nello spazio tra le galassie ma difficilmente individuabile a partire dalle radiazioni emesse, a causa di un suo particolare stato. In seguito, l'impiego di metodi osservativi più moderni ha consentito di individuare effettivamente del gas intergalattico, ma in quantità non sufficienti a spiegare i movimenti delle galassie. Il problema si è arricchito, negli anni seguenti, grazie alle osservazioni sulla rotazione delle stelle e del gas attorno ai centri delle singole galassie. Proprio come il periodo di rotazione della Terra attorno al Sole ci consente di determinare la massa del Sole a partire dalla forza gravitazionale che esso esercita sulla Terra, così il periodo di rotazione delle singole galassie ci permette di determinare la massa totale di ogni galassia. Queste masse risultano essere svariate volte superiori alla somma delle masse osservabili sotto forma di stelle e di gas. Inoltre, la maggior parte di questa massa invisibile dovrebbe essere distribuita in un enorme alone situabile all'esterno del corpo centrale visibile della galassia.
Universo in espansione
Giungiamo così al maggiore di questi problemi: quello della massa dell'intero Universo. Per comprendere la posta in gioco, dobbiamo tener conto del fatto che l'Universo si trova in una fase dinamica di espansione, che ha avuto origine a partire dalla "grande esplosione" iniziale (il Big Bang). Possiamo misurare la velocità degli amassi di galassie dal nostro punto di osservazione nella nostra galassia, la Via lattea, e scoprire che tutti gli ammassi si muovono in fuga da noi e tra di loro. Dunque in passato essi erano molto più vicini l'uno rispetto all'altro, e devono aver iniziato il loro percorso a partire da un'origine comune caratterizata da un'estrema densità. Questa espansione fu riconosciuta per la prima volta da Hubble nel 1929, che la riferiva agli ammassi di galassie relativamente vicini osservabili allora, ed è stata confermata dalle osservazioni sugli ammassi galattici più distanti che si possono osservare oggi.
Lo stato critico
L'espansione delle galassie è costantemente ritardata dall'attrazione gravitazionale di tutto il materiale presente nell'Universo. Ci piacerebbe moltissimo sapere se questa attrazione sarà abbastanza forte da riuscire a un certo punto ad arrestare l'espansione dell'Universo, e da invertirla dando così avvio a un processo di contrazione che porterà a un "grande stritolamento" (Big Cruch), o se l'espansione durerà per sempre. Se l'Universo è fatto in modo tale da espandersi indefinitamente, diremo che si trova in uno stato "critico". Noi ancora non sappiamo quali sviluppi ci riservi il futuro, ma recenti misurazioni indirette sembrano indicare che l'Universo potrebbe essere prossimo a raggiungere lo stato critico. Sta di fatto comunque che la materia visibile nell'Universo, assieme a ogni altra componente invisibile ma avente forma conosciuta, come protoni, neutroni, elettroni e nuclei atomici, consente di spiegare solamente una piccola percentuale della massa che dovrebbe avere un Universo critico.
Un mare di neutrini
La via d'uscita adottata dalla maggior parte dei cosmologi consiste nell'invocare forme esotiche di materia oscura, come neutrini dotati di massa, o particelle più esotiche ancora. Ma da dove potrebbero venire questi neutrini? L'idea è che al momento del Big Bang l'Universo era non solo estremamente denso, ma anche estremamente caldo: lo sappiamo dai residui di calore irradiato che possono essere rivelati ancor oggi mediante i radiotelescopi. In quell'immane calore primordiale i neutrini sarebbero potuti essere prodotti in forma di coppie particella-antiparticella, e potrebbero essersi conservati sino a oggi. Se la loro massa è stata determinata esattamente (una piccola frazione della massa dell'elettrone ciò potrebbe confermare al di là di ogni ragionevole dubbio che l'Universo è prossimo a raggiungere o ha già raggiunto lo stato critico. Se questa rappresentazione (o una simile) è esatta, potremmo giungere all'ultima conseguenza della rivoluzione copernicana. L'Uomo e la Terra non sono al centro del Sistema solare; il Sole non si trova al centro della galassia; la Via Lattea non è al centro dell'Ammasso galattico locale. Ed è possibile che nemmeno la nostra materia di cui siamo costituiti sia una componente rappresentativa dell'Universo, ma costituisca soltanto una piccola impurità rispetto alla forma di esistenza prevalente nel cosmo.
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