Secondo una ricerca statunitense non si raggiungerebbe mai lo stadio limite di buco nero, ma la massa collasserebbe fino a generare "solo" piccole stelle nere.
I buchi neri potrebbero non esistere. Almeno non come li immaginavano gli scienziati, cioè protetti da un impenetrabile evento limite. Un nuovo studio, alquanto controverso, potrebbe abbattere il limite e finalmente risolvere questo paradosso della fisica.
Ad oggi si ritiene che l’evento limite segni un confine oltre il quale niente riesce a sfuggire alla gravità del buco nero. Secondo la teoria della relatività generale, infatti, anche la luce è intrappolata oltre l’orizzonte limite, cosicché nulla di ciò che vi cade dentro ne può uscire. L’informazione sembrerebbe, così, scomparire dall’universo. Tutto questo contraddice le equazioni della meccanica quantistica che prevedono sempre la possibilità di preservare informazione. Come risolvere questo dilemma?
In passato i ricercatori hanno proposto la spiegazione per la quale l’informazione torna indietro molto lentamente. Potrebbe essere mascherata sottoforma di ipotetiche particelle chiamate “radiazione di Hawking”, le quali proverrebbero dal buco nero e andrebbero a mescolarsi con la schiuma quantistica sempre presente nello spazio.
Altri ricercatori, invece, sostengono che non ha mai luogo l’evento limite che dissolve l’informazione. Tanmay Vachaspati e colleghi della Case Western Reserve University di Cleveland, in Ohio, hanno tentato di calcolare ciò che accade mentre si sta formando un buco nero. Basandosi su un approccio matematico atipico come l’equazione funzionale di Schroedinger, hanno analizzato una sfera di materia mentre collassa e immaginato cosa vedrebbe un osservatore molto lontano.
Hanno scoperto che la gravità della massa che sta collassando comincia a distruggere il vuoto quantistico, generando quella che loro chiamano la “radiazione pre-Hawking”. Questa radiazione permetterebbe alla massa dell’oggetto di ridursi in modo sufficiente a non renderla mai così densa da generare un evento limite come un buco nero. “Non esistono eventi del genere – rivela Vachaspati a New Scientist – ma solo stelle che si dirigono verso un buco nero senza raggiungerlo mai”.
Per Vachaspati queste stelle nere assomiglierebbero molto ai buchi neri. Dal punto di vista di un osservatore assai distante, la gravità distorce il moto apparente del tempo in modo tale da far rallentare la materia che vi cade dentro. Mentre si avvicina al limite, la materia si dissolve e la sua luce non sarebbe più rintracciabile perché nascosta sottoforma di lunghezze d’onda distese dalla gravità della stella nera.
Ma, poiché la radiazione pre-Hawking impedisce la formazione di un buco nero, la materia non scompare mai del tutto. Dal momento che in questo modo nulla verrebbe tagliato fuori dall’universo, non sussisterebbe nemmeno più il paradosso dell’informazione.
Altri fisici teorici, però, si oppongono fermamente a questa idea. “Non concordo per niente – sbotta il premio Nobel Gerard t’Hooft dell’Università olandese di Utrecht – perché questo processo non può in alcun caso generare una radiazione sufficiente a far scomparire un buco nero così rapidamente”. L’evento limite si formerebbe, secondo t’Hooft, molto prima che il buco possa evaporare.
Anche Steve Giddings dell’Università della California è scettico. “Molte scoperte pressoché sicure confliggono con la loro visione – dice a New Scientist – Per quanto ne so io, finora non ci sono stati tentativi di capire come abbiano fatto a ottenere certi risultati. Se lo si facesse sarebbe un bel passo avanti per capire se è un risultato attendibile o meno”.
E un modo per scoprirlo ci sarebbe. L’LHC, il supercollider in costruzione a Ginevra, dovrebbe essere capace di generare buchi neri microscopici o, se Vachaspati ha ragione, piccole stelle nere. Al contrario degli smisurati e quasi eterni buchi neri presenti nello spazio, però, questi piccoli oggetti si dissolverebbero molto rapidamente. La dispersione dell’energia interna alla radiazione, poi, potrebbe rivelare se si supera o meno l’evento limite.
In alternativa, secondo Vachaspati, due stelle nere che collidono potrebbero rivelarsi perché non emetterebbero soltanto onde gravitazionali (come i buchi neri che collidono) ma anche raggi gamma. Vachaspati ritiene, inoltre, che le stelle nere siano alla base delle esplosioni di raggi gamma viste dagli astronomi.
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