Un modello matematico spiega per la prima volta perché costruire nuove strade non sempre risolve i problemi di trasporto.
Può sembrare strano ma il problema della congestione del traffico non si risolve con nuove strade. Anzi, la loro costruzione rischia di peggiorare la situazione. E gli ingorghi si evitano chiudendo strade già esistenti.
Queste idee, del tutto controintuitive, sono il frutto degli studi portati avanti da Neil Johnson, Douglas Ashton e Timothy Jarrett dell'Università di Oxford. I tre ricercatori hanno iniziato a simulare una città complessa, con un modollo semplice che prevede un'unica strada attorno all'abitato attraversta da alcune traverse che portano nelle zone centrali. A questo punto si sono chiesti come variava il tempo medio di percorrenza all'aumento del numero di strade. In assenza di congestione al centro della città, avere più strade a disposizione si traduceva in una riduzione dei tempi di percorrenza. Le cose però cambiavano drammaticamente, nel caso che il centro della città fosse congestionato.
In questo caso, infatti, partendo da un numero basso di strade i tempi di percorrenza diventavano più veloci man mano che venivano aggiunte le prime strade. Oltre un certo numero, però, ulteriori strade finivano per aumentare i tempi di percorrenza invece che ridurli. Un evento questo spesso sperimentato sul campo, dove l'aggiunta di percorsi si traduce in una maggior congestione, piuttosto che nel suo opposto. Fino a ora, però, non esisteva un modello matematico che spiegasse il fenomeno.
Il numero ottimale di strade sembra dipendere da molti fattori, il più importante dei quali è il livello di congestione del centro cittadino. "In natura esistono sistemi complessi centralizzati e decentralizzati — spiegano i ricercatori in un paper pubblicato sull' archivio elettronico arXiv.org — e, grazie a questo modello, ora possiamo spiegare perché alcuni sistemi sono centralizzati e altri decentralizzati in base ai costi associati al trasporto".
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