Nuove analisi dei meccanismi di formazione dello tsunami del gennaio 2004, utili anche per realizzare previsioni più accurate.
Lo tsunami che ha colpito lo scorso dicembre i paesi che si affacciano sull'Oceano Indiano non à stato reso più potente da una frana sottomarina. Questo il risultato del lavoro di Kate Moran, una oceanografa dell'Università del Rhode Island che è stata tra le prime a esaminare il fondale oceanico all'indomani della catastrofe, e che ha presentato i dati nel corso della conferenza annuale della American Geophysical Union che si è tenuta a San Francisco (California).
"Le onde create dal maremoto - dice l'esperta - sono state più grandi di quanto pensato, ma la colpa non deve essere data a frane sottomarine". L'esplorazione del fondale lungo la linea di faglia condotta con veicolo sottomarini comandati a distanza dimostra che le frane sono rimaste ferme durante e dopo il terremoto. La vegetazione sottomarina non mostra tracce di nuovi crolli.
In una spaccatura, però, i ricercatori hanno scoperto anche una grande quantità di materiale argilloso soffice, che sembra indicare come il terremoto abbia causato una spinta verso l'alto del fondale oceanico più grande di quanto pensato fino a oggi.
Queste scoperte possono offrire importanti indicazioni ai paesi del bacino dell'Oceano Indiano per realizzare previsioni più accurate su una eventuale ripetizione dell'evento. I modelli sismici sembrano purtroppo indicare che entro i prossimi 70-80 anni potrebbe esserci un grande terremoto al largo delle isole di Padang, vicino alla costa occidentale di Sumatra. L'ultimo evento sismico nella zona risale al 1797, e all'epoca provocò un grande maremoto.
Avvenuto 5500 anni fa in Mesopotamia dimostra che già allora la guerra era una attività altamente organizzata.
è il primo gene che abbia un preciso riferimento a una caratteristica etnica.
Sui temi scientifici l'Enciclopedia Britannica e Wikipedia hanno lo stesso grado di affidabilità.
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