Recenti analisi demografiche dimostrano che il tasso di fecondità più alto si ha in quei paesi dove il numero di matrimoni è minore.
La formula per avere più figli? Più lavoro per le donne e meno matrimoni. Sembra essere questa la regola seguita nei paesi più fecondi. Il numero medio di figli per donne cresce, infatti, in quei paesi dove le donne sono maggiormente inserite nel mondo del lavoro, in cui c'è una maggiore prevalenza delle convivenze e una minore centralità dell'istituzione matrimoniale.
È questa la conclusione, decisamente non convenzionale, alla quale sono giunti Francesco Billari, ricercatore dell'Università Bocconi, e Hans Peter Kohler, dell'Università della Pennsylvania, al termine della loro ricerca sulla bassa fecondità in Europa i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Population studies". Si scopre cosí che nel vecchio continente il paese più fecondo è la fredda Islanda con 1,99 figli per donna (meglio solo gli Stati Uniti dove il numero medio è 2,07), seguita da Irlanda (1,98), Francia (1,89) e Norvegia (1,8). Decisamente più staccata l'Italia che con 1,29 si attesta, con la Spagna, all'undicesimo posto, nel gruppo dei Paesi considerati a bassa o bassissima fecondità.
Se negli anni settanta la fecondità era più elevata dove la partecipazione al lavoro femminile era meno diffusa, oggi si hanno più figli proprio nei paesi dove le donne lavorano di più. Allo stesso modo, se alcuni decenni or sono la fecondità era più elevata dove il matrimonio aveva un ruolo centrale, oggi si fanno più figli dove la quota di nati fuori dal matrimonio è più elevata e dove il matrimonio assume una minore importanza.
L'Islanda, infatti, oltre a essere al primo posto per numero medio di figli per donna, conferma la stessa posizione per quanto riguarda le percentuali dei nati fuori dal matrimonio (64% contro il 9% che si registra in Italia) e di donne che lavorano (82% contro il 48% delle italiane). "Anche la presenza di un'elevata divorzialità — prosegue Billari — non è più negativamente associata ad avere figli, presumibilmente per il ruolo di questi ultimi come cemento delle coppie formate dopo separazioni o divorzi".
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