La reazione a catena controllata scoperta nelle rocce ricche di uranio di Oklo è dovuta alla presenza di acqua.
I reattori nucleari a fissione non sono un'invenzione umana. La natura ne ha realizzato alcuni esemplari circa 2 miliardi di anni fa, in Africa. E uno studio pubblicato sulla rivista "Physical Review Letters" ne scopre alcuni segreti. Questi reattori nucleari naturali sono stati scoperti nella regione di Oklo (Gabon) nel 1972. Hanno prodotto l'equivalente in calore di una centrale da 100 000 kilowatt per un periodo di circa 150 000 anni.Gli scienziati avevano già capito che l'uranio contenuto nelle vene di minerale delle rocce era entrato in una reazione a catena autosostenuta che produceva un intenso calore. Il problema era capire come il tutto non si fosse tradotto in una reazione a catena incontrollata conclusa con una esplosione o con la fusione delle rocce.
Ora, Alex Meshik dell'Università di Sain Louis nel Missouri ha scoperto che la reazione si accendeva e si spegneva naturalmente: periodi attivi di 30 minuti seguivano a fasi "dormienti" di circa due ore e mezzo. Questo meccanismo di regolazione naturale era dovuto alla presenza di acqua nelle rocce.
Quando un nucleo di uranio subisce un processo di fissione, emette neutroni che sono troppo veloci per poter essere assorbiti da altri nuclei e quindi innescare la fissione anche di questi ultimi, causando la reazione a catena. Nel caso di Oklo, però, l'acqua contenuta nelle rocce rallentava i neutroni, permettendo l'avvio della reazione a catena. Mentre la reazione procedeva si generava calore che faceva evaporare l'acqua. I reattori nucleari naturali quindi si asciugavano e si fermavano. Una volta raffreddati e una volta che le rocce venivano rese nuovamente umide dall'acqua sotterranea, la reazione riprendeva.
Per arrivare a questa conclusione Meshik ha analizzato i livelli di xeno nelle rocce. Lo xeno è un gas, sottoprodotto della fissione dell'uranio. Non è stato trovato nei minerali di uranio, ma in granuli di fosfati di alluminio dispersi nelle rocce. "Questi granuli contengono la più grande concentrazione di xeno mai trovata in natura", scrive Meshik. Dato che lo xeno è un gas, sarebbe dovuto sfuggire dalle rocce e disperdersi nell'atmosfera. Se però il reattore si raffreddava periodicamente, allora il gas poteva rimanere intrappolato nei granuli di fosfati.
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