Le organizzazioni ambientaliste lanciano l'allarme: bandiere ombra e pesca illegale stanno distruggendo l'ambiente oceanico.
La biodiversità degli oceani è sempre più a rischio. La denuncia arriva da due rapporti presentati alla Prima Conferenza Mondiale sulle Aree Marine Protette che si è tenuta a Geelong nello stato australiano del Victoria. La conferenza si è concentrata in particolare sulla zona economica esclusiva, cioè su quella "fetta" degli oceani compresa tra il limite delle acque territoriali e l'orlo esterno della piattaforma continentale.
Il primo rapporto, scritto da Louisa Wood del Sea Around Us Project della University of British Columbia di Vancouver (Canada) ha presentato la prima raccolta comprensiva di dati sulle aree marine protette al mondo. Nel 2003 al quinto congresso mondiale sui parchi di Durban (Sud Africa) World Parks era stato stabilito l'obiettivo di proteggere dal 20% al 30% degli habitat marini entro il 2012. Secondo la Wood, le attuali 5000 aree marine proteggono soltanto lo 0,5-1% degli habitat. A questo tasso di sviluppo, perfino l'obiettivo minimo del 20% non potrà essere raggiunto prima del 2085.
Il secondo rapporto,commissionato dal governo australiano, sottolinea come la pesca illegale in alto mare muova un giro d'affari di circa un miliardo e duecento milioni di dollari l'anno. In totale, grazie agli archivi dei Lloyd's, sono stati individuati 2800 imbarcazioni, pari al 15% dei pescherecci di altura al mondo, che partecipano a questa attività illegale. Tutti o quasi battono bandiera ombra o sono di bandiera sconosciuta. Questo significa che gli armatori possono pagare poche centinaia di dollari per registrarsi in un paese che non applica in modo rigido il diritto marittimo. Tanto per fare un esempio, dei 51 vascelli di altura costruiti a Taiwan tra il 2001 e il 2003, 50 sono stati registrati sotto bandiere ombra.
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