La storia della specie umana ha visto i bambini svilupparsi più precocemente di quanto facciano oggi. Due milioni di anni fa i nostri antenati avevano un'infanzia molto più breve.
Agli albori della nostra storia, i bambini non esistevano. O meglio, non esisteva l'infanzia, che sarebbe un'invenzione relativamente recente, al massimo di due milioni, un milione e mezzo di anni fa. Lo sostiene un gruppo di ricerca internazionale guidato da Jean-Jacques Hublin del Max-Planck-Institut di antropologia evolutiva di Lipsia, sulla base di uno studio effettuato sui crani dei nostri antenati. I suoi risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Nature".
L'uomo è l'unico tra i primati ad avere un'infanzia così prolungata: a nascere tanto immaturo e a poter godere di un così lungo periodo durante il quale crescere e imparare. Ma fino a oggi non era stato ancora chiarito a quando risalisse questo privilegio.
Per scoprirlo, Hublin e colleghi hanno analizzato il cranio del cosiddetto bambino di Mojokerto, un fossile di Homo erectus rinvenuto a Giava e risalente a circa 1,8 milioni di anni fa. Gli antropologi hanno poi confrontato le tomografie computerizzate di questo con quelle di altri crani, di bambini moderni e di piccoli di scimpanzé. I risultati hanno mostrato che il bambino di Mojokerto, che al momento della morte aveva un anno, possedeva già tre quarti (tra il 75% e l'80%) della capacità cranica di un Homo erectus adulto.
Al contrario sappiamo che il cervello di un bambino di Homo sapiens all'età di un anno deve fare ancora molta strada prima di poter essere paragonabile a quello di un adulto della stessa specie. Anzi, come scrive su "Nature" Hublin "un'importante caratteristica dello sviluppo umano è proprio la persistenza di schemi fetali di crescita del cervello anche dopo la nascita". Per questo, secondo i ricercatori, l'infanzia deve essere nata dopo l'Homo erectus e non è mai stata presente nelle specie antichi progenitrici dell'uomo.
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