La scoperta mette fine a un annoso dibattito: gli antenati degli elefanti vivevano anche nei climi più freddi.
Cercate per almeno un secolo dagli esperti di paleontologia, le ghiandole sebacee dei mammuth lanosi sono state finalmente scoperte da un gruppo di ricercatori del Center for Virology and Biotechnology dell'Accademia russa delle Scienze. La scoperta mette fine a una disputa durata molti anni e riguardante le temperature alle quali i mammuth potevano vivere. Dato che le ghiandole sebacee sono un meccanismo che consente l'adattamento alle temperature più basse, la scoperta dovrebbe dimostrare definitivamente che questi animali sopravvivevano anche al gelo più intenso.
Ghiandole di questo tipo erano state ritrovate ben conservate in resti di bisonti congelati intrappolati nel permafrost, tuttavia non se n'erano mai scoperte per i mammuth malgrado tutte le ricerche effettuate a partire dal 1892.
Nel 2002, però, una spedizione russa era riuscita a riportare alla luce alcune zampe congelate di questi bestioni nella regione siberiana della Yakuzia. In un campione di pelle di sei centimetri furono scoperte le ghiandole tanto cercate, che vennero esaminate attentamente. Ora i risultati sono stati finalmente pubblicati. La scoperta dimostra che i mammuth erano equipaggiati per sopravvivere al freddo più intenso delle steppe. Anche se recenti dati sembrano indicare che gli inverni dell'era glaciale non erano poi freddissimi e che i mammuth della Beringia (la zona formata dall'Alaska, dalla Siberia orientale e da quello che è oggi il fondale dello Stretto di Bering) non dovevano quindi sopportare temperature bassissime.
La scoperta aggiunge un nuovo tassello alle conoscenze delle caratteristiche fisiche di questi animali, che non sono ancora perfettamente note. Né ci si può fidare troppo della comparazione con i loro parenti più prossimi di oggi, gli elefanti. Questi ultimi, tanto per fare un esempio, non hanno le ghiandole sebacee.
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