Una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica "Science" dimostra che esistono concetti che non possono essere compresi perché non ci sono parole che li esprimono.
Uno studio pubblicato su "Science" e realizzato su una piccola tribù dell'Amazzonia getta nuova luce sul rapporto tra pensiero e linguaggio. Secondo Peter Gordon, scienziato del comportamento al Teachers College della Columbia University, questa ricerca rafforzerebbe l'ipotesi relativista, formulata negli anni trenta dal linguista Benjamin Lee Whorf, secondo cui il linguaggio può determinare la natura e il contenuto del pensiero. Ma esistono davvero concetti che le persone appartenenti a un'altra cultura non possono comprendere solo perché la loro lingua non ha parole per esprimerli? Stando allo studio di Gordon, sì.
La lingua dei Pirahã, una piccola comunità indio composta da meno di 200 persone, non dispone di parole specifiche per i numeri superiori al due, dopo il quale utilizzano sempre il termine "molti". Anche la parola "uno", peraltro, non identifica esattamente la singolarità, ma si riferisce piuttosto a una piccola quantità in generale. "Whorf sosteneva che il linguaggio divide il mondo in diverse categorie. Il modo in cui una lingua 'ritaglia' e distingue i vari oggetti determina il modo in cui noi poi li percepiamo", spiega Gordon.
Fino a quando viene chiesto ai membri della tribù di individuare piccoli insiemi di oggetti, le risposte sono esatte per i numeri fino a 2 e 3. Con l'aumentare degli oggetti, invece, diminuisce rapidamente anche la capacità di determinarne precisamente il numero. Capacità che risulta pari a zero per le quantità superiori a 10. Le cose cambiano se gli esperimenti vengono fatti con oggetti disposti in modo irregolare: qui l'accuratezza delle risposte si mantiene buona anche per gruppi di 7-10 oggetti. Secondo i ricercatori, i Pirahã in questo caso ottengono buoni risultati perché percepiscono insieme gruppetti di 2 o 3 oggetti, come se si trattasse di un'unica quantità.
Gli indios, infine, non combinano mai i termini "uno" e "due" per riferirsi a numeri più grandi: utilizzano le dita per aiutarsi, ma questa pratica risulta altrettanto imprecisa anche per numeri più piccoli di 5. La loro lingua non ha insomma parole per il concetto di "numero", né possiede termini adeguati per i quantificatori più comuni, come "più", "diversi", "tutti" o "alcuni".
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