Ricercatori spagnoli propongono un nuovo indice per misurare il rischio di incendi, includendo anche il fattore umano
Duecento persone sono morte in Australia questo mese per una spaventosa serie di incendi che hanno sconvolto lo stato di Victoria e minacciato la stessa città di Melbourne. La maggioranza sono da attribuirsi alla stagione particolarmente calda e secca, in un territorio pieno di vegetazione, che ne ha rappresentanto il combustibile. Altri, però, come purtroppo accade anche in Italia, erano dolosi, o comunque dovuti, anche se involontariamente, alla presenza umana.
Lo stesso concorso di cause naturali e umane si ha anche nel nostro paese, in alcune zone del sud e nella Sardegna. Lo stesso accade in Spagna, da dove viene una nuova proposta per includere anche il fattore umano nel calcolo del rischio di incendi.
Un indice di rischio, legato esclusivamente a fattori naturali, esisteva infatti già, con lo scopo di classificare il territorio, aiutare la prevenzione e gli interventi di protezoine civile. Dei ricercatori spagnoli hanno ora effettuato uno studio per inserire nel calcolo le azioni umane, sia quelle che involontariamente possono causare incendi (come l’abitudine di bruciare le stoppie di un campo), sia quelle che hanno proprio quello scopo, quali l’incendio volontario come strategia per rendere edificabile un territorio di pregio naturale e quindi protetto, o l’incendio appiccato dalle stesse ditte che poi vengono coinvolte nell’estinzione del fuoco (Martínez, J., Vega-Garcia, C., Chuvieco, E. (2009). Human-caused wildfire risk rating for prevention planning in Spain. Journal of Environmental Management. 90: 1241-1252).
Tra il 1980 e il 2004 ci sono stati in Spagna ben 380.000 incendi. La maggioranza è stata proprio causata dalle persone, intenzionalmente o meno. Usando le informazioni provenienti da 6066 municipalità, i ricercatori hanno combinato le informazioni socio-economiche e politiche con il tradizionale indice di rischio per incendio usato dall Servizio Forestale spagnolo, che prende in considerazione fattori naturali quali la probabilità che cadano fulmini o la secchezza della vegetazione. Lo studio è stato condotto, in parte, nel quadro di un progetto finanziato dalla Commissione Europea, SPREAD 1.
Sono stati così identificati alcuni fattori chiave correlati con il rischio di incendi causati dall’uomo:
- la densità di macchinari agricoli, ma anche di altre infrastrutture potenzialmente pericolose come miniere, cantieri, dighe
- la frammentazione delle proprietà agricole
- la pratica, tradizionale, di bruciare i campi per preparare la nuova semina
- la disoccupazione, che spinge le persone a causare incendi dolosi per interesse
- il declino del numero di abitanti in aree rurali progressivamente abbandonate
- e viceversa l’incremento della popolazione urbana nei pressi di aree boschive
- la densità di strade e ferrovie (e quindi la frequenza del passaggio di persone)
- l’esistenza di aree naturali protette, che scatena conflitti e opposizione.
Di questi fattori i più rilevanti sono risultati soprattutto l’abbandono delle terre agricole, la loro frammentazione, e l’urbanizzazione accanto alle foreste. Al contrario, le grandi proprietà terriere sono normlmente associate con un maggior uso di irrigazione e di metodi non tradizionali, e quindi sembrano essere un fattore protettivo.
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