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Il DNA dei mammut

Da oggi per studiare il DNA di specie enstinte non sarà più necessario rovinare i campioni di ossa conservati fino ad oggi. Uno shampoo alla candeggina permetterà di estrarre il codice genetico dal pelo degli animali.

Mammut

Alcuni musei di storia naturale nel mondo conservano gli unici e imponenti resti dei mammut, animali preistorici vissuti decine di migliaia di anni fa.

Vari esemplari di scheletri di questi animali sono stati ritrovati in Europa, Asia e America settentrionale, e in alcuni casi sono stati ritrovati anche esemplari intatti congelati, imprigionati nel ghiaccio dai tempi del Pleistocene, l'epoca in cui i mammut si sono estinti.

Grazie a una nuova scoperta, gli scienziati che si occupano di studiare la storia e l'evoluzione di questi animali giganti non dovranno più andare a intaccarne gli esemplari di ossa che si sono conservati fino ad oggi.

Sarà sufficiente sottoporre a una particolare tecnica di analisi un piccolo campione di peli, preso dagli esemplari meglio conservati: in questo modo un gruppo di scienziati è stato in grado di ricavare importanti e sorprendenti informazioni sul codice genetico dei pachidermi.

La scoperta ha dimostrato che il DNA può conservarsi integro per lungo tempo, anche migliaia di anni, all'interno dei peli del corpo.

Ora gli scienziati potranno decifrare il codice genetico di molti degli esemplari di mammut conservati nei musei, andando alla scoperta in questo modo della grande variabilità genetica presente in questi animali.

Il DNA di specie estinte come quella del mammut era già stato codificato in passato, estraendolo però dalle ossa conservate fino ad oggi. Questo perchè si supponeva che il DNA presente nei peli fosse troppo rovinato e difficile da estrarre perchè valesse la pena tentare di studiarlo.

Webb Miller, studioso della Penn State University in Pennsylvania, negli Stati Uniti, insieme ai suoi colleghi ha eseminato campioni di peli presi da 10 mammut che sono stati ritrovati quasi intatti, congelati nel ghiaccio della Siberia, e che risalgono a un periodo compreso tra 12.000 e 50.000 anni fa.

I ricercatori hanno analizzato piccoli campioni di pelo, tra i 0,2 e i 5,2 grammi di peso, pulendoli prima con uno speciale shampoo che contiene candeggina. In questo modo hanno rimosso tutti i possibili batteri presenti sui peli, che avrebbero potuto contaminare e rovinare il processo di analisi.

In seguito i ricercatori hanno utilizzato enzimi per "smontare" alcune proteine, come ad esempio la keratina, dalle quali è emerso il DNA delle cellule morte che compongono i peli.

Proprio queste proteine sono state l'elemento fondamentale che ha permesso di racchiudere e conservare il codice genetico per migliaia di anni.

In questo modo, gli scienziati sono stati in grado di estrarre non solo il DNA presente nel nucleo delle cellule, ma anche quello presente nei mitocondri, ovvero i produttori di energia all'interno della cellula. Mentre il DNA mitocondriale dà importanti informazioni sulla storia e sulle migrazioni di una singola specie, quello del nucleo ci aiuta a comprendere la relazione e il processo di evoluzione tra specie diverse.

I risultati emersi sul codice genetico sono molto simili a quelli ricavati attraverso l'analisi di campioni presi dalle ossa, dimostrando così la validità dei campioni estratti dai peli.

Webb Miller spera che attraverso questo studio sul DNA sia possibile scoprire nuove relazioni sull'evoluzione di specie estinte: "uno degli esemplari che abbiamo analizzato è quello che viene chiamato il 'mammut di Adamo', che è stato estratto dal ghiaccio nel 1806 e che a partire da quel momento è stato conservato a temperatura ambiente in un museo russo. Sarà interessante vedere se questi cambiamenti di conservazione hanno avuto effetto sul codice genetico", conclude.

Secondo Thomas Gilbert, ricercatore della Università di Copenhagen in Danimarca, la stessa tecnica potrebbe essere applicata anche per lo studio di molte altre specie di animali "pelosi" conservati nei musei di tutto il mondo.

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