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Universo allo stato liquido

Un pezzetto di minerale cileno nasconde forse i segreti della materia nello spaziotempo

Herbertsmithite

Nel 1998, dopo aver vinto il premio Nobel per la fisica, Robert Laughlin della Stanford University in California, ha risposto a un intervistatore che gli chiedeva se la scoperta delle “particelle” a carica frazionaria, oggi chiamate quasi-particelle, avrebbe influenzato la vita della gente comune. “Probabilmente non avrà alcun effetto,” è stata la sua risposta, “a meno che la gente non si preoccupi di come funziona l'Universo.”


Bè, sembra proprio che questo argomento stia a cuore alla gente, almeno a giudicare da alcuni recenti accadimenti. Xiao-Gang Wen del Massachusetts Institute of Technology e Michael Levin dell'Università di Harvard si sono cimentati con le idee di Laughlin, arrivando a prevedere un nuovo stato della materia e a dipingere una stuzzicante immagine sulla natura dello spaziotempo stesso. Levin ha presentato il lavoro alla conferenza sul Topological Quantum Computing presso l'Università di California, all'inizio del mese.


Il primo indizio della possibilità di un nuovo stato della materia risale al 1983. “Venticinque anni fa pensavamo di sapere tutto su come la materia cambia fase,” racconta Wen. “Ma poi è arrivato un esperimento che ha aperto le porte su un mondo totalmente nuovo.”


Nell'esperimento, gli elettroni in movimento sull'interfaccia fra due semiconduttori si comportavano come se fossero composti da particelle con solo una frazione della carica dell'elettrone. Il cosiddetto effetto Hall quantistico frazionario (FQHE) ha svelato che gli elettroni potrebbero non essere particelle elementari. Si è chiarito subito, comunque, che sotto certe condizioni gli elettroni possono aggregarsi in un modo che dà l'illusione che posseggano una carica frazionaria – una spiegazione che ha fatto guadagnare il premio Nobel a Laughlin, Horst Störmer e Daniel Tsui.


Wen sospettava che l'effetto potesse essere l'esempio di un nuovo tipo di materia. Le diverse fasi della materia sono caratterizzate dal modo in cui gli atomi sono organizzati. In un liquido per esempio gli atomi si dispongono casualmente, mentre in un solido si posizionano in un reticolo rigido. I sistemi FQHE sono diversi. “Se si scatta un fermo immagine della posizione degli elettroni in un sistema FQHE, questi appaiono dislocati in posizioni casuali, e sembra di osservare un liquido,” dice Wen. Ma basta fare un passo indietro per accorgersi che, a differenza che nel liquido, gli elettroni danzano uno intorno all'altro eseguendo passi ben definiti. È come se fossero allacciati gli uni agli altri.


Al giorno d'oggi i fisici usano il temine entanglement quantistico, o correlazione quantistica, per descrivere una proprietà della materia secondo la quale le particelle possono essere collegate anche se esistono gradi distanze fra di loro. Wen riteneva che i sistemi FQHE rappresentassero uno stato della materia dove l'entanglement è una proprietà intrinseca, con particelle legate le une alle altre, in tutto il materiale, in un modo piuttosto complicato.


Tutto ciò ha portato Wen e Levin a pensare che ci potesse essere un modo completamente nuovo di pensare alla materia. Cosa sucederebbe se gli elettroni non fossero particelle elementari, ma si formassero ai capi di lunghe “stringhe” di altre particelle fondamentali?


La coppia di ricercatori ha eseguito alcune simulazioni per controllare se le “reti di stringhe” potessero dare luogo a particelle convenzionali e a quasi particelle a carica frazionaria. E in effetti le cose sono andate proprio così. Gli scienziati hanno anche notato una cosa ancor più stupefacente. Quando la rete di stringhe vibrava, produceva un'onda che si comportava allo stesso modo di una famiglia di leggi molto note – le equazioni di Maxwell, che descrivono il comportamento della luce. “Centocinquant'anni dopo che Maxwell le ha scritte, eccole riemergere per caso.”


E non è tutto. Wen e Levin hanno anche scoperto che il modello produceva altre particelle elementari, come per esempio i quark, che costituiscono i protoni e i neutroni, e le particelle responsabili di alcune forze fondamentali, come i gluoni e i bosoni W e Z.


I ricercatori sono andati oltre. Hanno cominciato a porsi domande ancora più grandi. Potrebbe darsi che l'intero Universo sia strutturato su questo modello? “All'improvviso abbiamo realizzato che forse il vuoto nell'intero universo è un liquido fatto da reti di stringhe,” dice Wen. “In questo modo sarebbe possibile spiegare in maniera unificata la formazione della materia e della luce.” Nella loro teoria le particelle elementari non sono più i mattoni sui quali si costruisce la materia, ma emergono dalla struttura profonda del non-vuoto nello spaziotempo.


“La teoria di Wen e Levin è davvero bella,” osserva Michael Freedman, vincitore nel 1996 della medaglia Fields, il premio più importante in matematica, e specialista in quantum computing alla Microsoft Station Q dell'Università della California, a Santa Barbara. “Ammiro il loro approccio, che è quello di essere sospettosi verso tutto quello che gli altri accettano come fondamentale – elettroni, fotoni, equazioni di Maxwell.”


Esistono in realtà altre teorie che spiegano lo stesso fenomeno. Wen e Levin sono consci di dover fornire prove sperimentali della loro ipotesi. Prove che potrebbero non essere lontane.


Il modello infatti prevede una particolare disposizione degli atomi nel nuovo stato della materia, che i due scienziati chiamano “liquido a rete di stringhe”. Pare che Joel Helton del MIT potrebbe già averne trovato un esempio.


Helton era al corrente del lavoro di Wen e ha deciso di provare a cercare il materiale in questione. Andando a spulciare nelle pubblicazioni di geologia, il suo team ha individuato un candidato – un cristallo verde scuro nel quale alcuni geologi sono inciampati nel 1972 in Cile. “I geologi hanno chiamato la pietra con il nome di un mineralogista che ammiravano molto, Herbert Smith, l'hanno etichettata e poi messa in un cassetto,” racconta Young Lee, un membro del team. “Non hanno realizzato l'importanza che l'herbertsmithite avrebbe avuto per i fisici negli anni a venire.”


L'herbertsmithite è strana perchè i suoi elettroni sono disposti in un reticolo triangolare. Normalmente, gli elettroni preferiscono mettersi in file in modo che gli spin si dispongano in modo opposto da quello dell'immediato vicino, ma è chiaro che in un triangolo questo è impossibile – ci saranno sempre almeno due vicini con gli elettroni che girano nello stesso verso. Il modello di Wen e Levin dimostra che un sistema simile è un liquido a rete di stringhe.


Anche se la herbertsmithite esiste in natura, il minerale contiene sempre impurità che rompono qualsiasi segno di reti di stringhe. Per questo motivo il gruppo di Helton ha creato in laboratorio un campione puro. “È stato un lavoro estremamente impegnativo,” dice Lee. “Ci è voluto un anno per prepararlo e un altro anno per analizzarlo.”


Il team ha misurato il grado di magnetizzazione del materiale in risposta a un campo magnetico applicato. Se l'herbertsmithite si comportasse come la materia ordinaria, allora sotto i 26 °C gli spin degli elettroni non dovrebbero più fluttuare – una condizione chiamata ordine magnetico. Il team però non ha osservato questa transizione, anche scendendo fino a temperature prossime allo zero assoluto.


I ricercatori hanno misurato anche altre proprietà, come per esempio la conduzione del calore. Nei solidi convenzionali, la relazione fra la temperatura e la capacità di condurre il calore cambia sotto una certa temperatura, perché anche la struttura del materiale cambia. Ancora un volta il team non ha trovato segni di questa transizione nell'herbertsmithite, fatto che suggerisce che, a differenza di altri materiali, il suo stato energetico più basso non ha un ordine riconoscibile. “Potremmo aver creato in laboratorio un materiale che mai nessuno prima ha visto,” dice Lee.


Il gruppo di ricerca prevede ulteriori prove per localizzare l'esatta posizione di ogni elettrone, e per testare i collegamenti a distanza fra le particelle gli scienziati intendono sparare neutroni sul cristallo e osservane la dispersione. “Vogliamo dare un'occhiata alle dinamiche degli spin,” dice Lee. “Se diamo un pizzicotto a uno (elettrone), possiamo vedere come sono influenzati gli altri.”


Se anche l'herbertsmithite non rappresenta davvero un nuovo stato della materia, non dovremmo sorprenderci se presto non si troverà un altro materiale con le caratteristiche giuste, osserva Freedman. Lo scienziato pensa che la gente dia per scontato che gli unici posti in cui si possano fare grandi scoperte sulla materia siano gli acceleratori. “Gli acceleratori possono semplicemente ricreare le condizioni dopo il big bang e ripetere esperimenti che sono già obsoleti per l'Universo,” continua Freedman. “In laboratorio però si possono creare condizioni che sono più fredde che in qualsiasi altro posto che sia mai esistito. Siamo destinati a inciampare prima o poi in qualcosa che l'universo non ha mai visto prima.”


Zeeya Merali

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