Anche gli organismi unicellulari sarebbero in grado di adottare strategie basate sulla memoria per cercare il cibo
Alcuni degli organismi più semplici si dimostrano più scaltri di quello che pensiamo. Le amebe e il plancton non si muovono a caso nel loro ambiente, piuttosto utilizzano strategie sofisticate di ricerca e si spostano in modo da otiimizzare la raccolta del cibo.
I biofisici studiano da molto tempo il modo in cui gli organismi di tutte le taglie vanno in cerca del cibo. Gli organismi unicellulari e i batteri però non sembrano adottare particolari tecniche di ricerca.
Per andare più a fondo nella questione, Liang Li e Edward Cox dell'Univesità di Princeton hanno studiato i movimenti di alcune amebe (Dictyostelium) in un disco di Petri, registrando i percorsi fatti da dodici individui, svolte e movimenti in linea rettai, in un periodo di 8-10 ore per ciascuna ameba.
Hanno cosi potuto osservare alcune ricorrenze: per esempio, subito dopo che un organismo aveva girato a destra, era due volte più probabile che svoltasse a sinistra piuttosto che di nuovo a destra e viceversa, come hanno raccontato i due scienziati la settimana scorsa all'American Physical Society meeting a Denver, Colorado.
Questo fa credere che le cellule abbiano una rudimentale memoria, che permette di registrare l'ultima direzione presa, osserva Robert Austin, un biofisico di Princeton, che non ha lavorato alla ricerca.
La capacità di ricordare potrebbe essere conseguenza del modo in cui la cellula si muove. Per girare, un ameba deve estendere parte del corpo nella direzione scelta, azione che crea una cicatrice sul lato della cellula che si allunga. Questa cicatrice renderebbe più probabile, almeno temporaneamente, che l'organismo si muova successivamente nella direzione opposta. Per l'ameba, questo significa che eviterà di muoversi in cerchio e potrà esplorare aree più vaste.
Anche un altro studio recente si è occupato delle strategie di ricerca del cibo dei microrganismi. Ricardo Garcia e Frank Moss dell'Università del Missouri a St Louis, USA, hanno messo alcuni esemplati di daphia, un tipo di zooplancton, in acqua che conteneva anche particelle di cibo e hanno misurato gli angoli di almeno mille svolte effettuate dagli individui di cinque specie diverse. Il plancton era esponenzialmente più portato utilizzare angoli più piccoli e graduali per girare, con un'ampiezza preferita di 36°.
Nel frattempo, i collaboratori dei due scienziati all'Università Humboldt di Berlino, Germania, hanno usato un modello al computer per calcolare quale angolo è in grado di rendere massima la quantità di cibo che le daphnia possono raccogliere dato uno spazio e un tempo prefissato. Il risultato è un angolo molto simile a quello misurato sperimentalmente; un angolo più grande o più piccolo diminuisce le probabilità di successo del plancton.
“Questa misura consente ai microgranismi di esplorare l'area più grande e di prendere la maggior quantità di cibo in un tempo prefissato,” osserva Garcia.
Greg Huang
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