Un po' di polvere potrebbe aiutare a rallentare lo scioglimento dei ghiacciai
Vuoi salvare i ghiacciai dal riscaldamento globale? Allora sporcali con un po' di polvere per favorire la formazione di picchi ghiacciati che creano ampie zone d'ombra sulla superficie del ghiacciaio, rallentando cosi il processo di scioglimento.
Meredith Betterton e colleghi dell'Università del Colorado a Boulder, USA, hanno fatto crescere stalagmiti di ghiaccio in un freezer di laboratorio. I ricercatori sostengono che le formazioni artificiali simulano il comportamento di quelle osservate in natura su ghiacciai a oltre 4000 metri di altitudine, sulle Ande. Le punte ghiacciate naturali possono raggiungere un'altezza di 5 m e sono note col nome di “penitenti” perché sembrano una processione di monaci vestiti di bianco.
I picchi simulati di Betterton raggiungono un'altezza di soli pochi centimetri. La scienziata li ha creati mettendo alcuni blocchi di neve coperti da un foglio trasparente dentro un congelatore, illuminandoli con una lampada, che rappresentava il Sole. In poche ore la sublimazione della neve ha provocato la formazione di creste ghiacciate di circa cinque centimetri.
Quando Charles Darwin, durante il suo viaggio in Cile, aveva per primo notato i Penitenti riportò che le popolazioni locali credevano che questi fossero formati dai forti venti che colpiscono la zona. L'esperimento di Betterton conferma però quanto la scienziata aveva già precedentemente suggerito a seguito di alcune simulazioni al computer: la luce del Sole può formare queste stalagmiti di ghiaccio indipendentemente dalla presenza di vento.
I raggi del Sole, inizialmente, formano piccoli corrugamenti casuali sulla superificie della neve. Una volta che si sono formati questi piccoli avvallamenti, la luce comincia a riflettersi dentro la fossetta, incrementando il processo di sublimazione locale. Man mano che questo accellera, si formano avvallamenti più profondi, che lasciano, fra uno e l'altro, affilate creste di ghiaccio.
I ricercatori hanno successivamente provato a spargere un sottile strato di fuliggine su altri blocchi di neve, per simulare le sostanze inquinanti che si accumulano su alcuni ghiacciai.
Questo accorgimento ha accellerato la formazione dei penitenti. Lo strato di sporco doveva essere abbastanza sottile per lasciar passare un po' di luce in modo da iniziare il processo di scioglimento. Uno volta che ciò avveniva, gli avvallamenti assumevano un colore più chiaro, dato che lo strato di fuliggine si spalmava su tutta la ruga, che aumentava via via la superficie. La polvere si comportava come uno schermo solare, che protegge i picchi, ma aumenta la velocità di scioglimento nelle valli.
“Il tempo per far iniziare il processo variava da tre ore con il foglio trasparente a trenta minuti con la polvere nera,” dice Vance Bergeron, della Scuola Normale di Lione, in Francia, uno dei collaboratori di Betterton.
La formazione dei penitenti rallenta lo scioglimento e protegge la neve rimasta, per due motivi. In primo luogo i picchi creano ampie zone d'ombra sulla superficie del ghiacciaio. In secondo luogo, le profonde voragini creano una superficie più estesa per lo scambio di calore, così che i gentili venti alpini possano raffreddare il ghicciaio con maggiore efficienza.
“In teoria, pensiamo anche che se il gradiente di temperatura fra la cresta e la valle è sufficientemente grande, si può persino ottenere che l'evaporazione dentro l'avvallamento sia compensata da un ricondensamento sul picco,” ha detto Bergeron al New Scientist.
Betterton presenterà i risultati, pubblicati in Physical Review Letters del 2006, al meeting dell'American Physical Society a Denver, USA, che si terrà dal 5 al 9 marzo 2007.
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