La scoperta potrebbe avere importanti implicazioni per più di quattro milioni di persone che sono affette sia da HIV che da epatite B.

Chloe Thio e colleghi, dell'Università Johns Hopkins di Baltimora, USA, hanno analizzato gli effetti del principio attivo entecavir, uno fra i più importanti trattamenti per l'epatite B. Thio aveva precedentemente avuto notizia che il farmaco – venduto sotto il nome di Baraclude – aveva dimostrato attività anti-HIV in due pazienti affetti dal virus che stavano anche assumendo il farmaco contro l'epatite B.

In laboratorio, i ricercatori hanno mescolato il farmaco e una forma non virulenta del virus HIV con campioni di sangue sano. A basse concentrazioni l'entecavir ha ridotto fino al 50% il numero di nuove cellule infette.

La medicina ha però evidenziato anche un altro effetto: secondo i ricercatori infatti sembra aver provocato una mutazione nel virus. Questa, che gli scienziati hanno chiamato “mutazione M184V”, ha inibito la soppressione ulteriore dell'HIV, anche con dosi maggiori di farmaco. Come se non bastasse, la mutazione ha fermato l'azione di altri farmaci anti-HIV, fra i quali il lamivudine – il principale componente di molte terapie combinate contro l'HIV.

Per avere conferma che il colpevole di questa reazione fosse proprio l'entecavir, il team ha poi testato alcuni campioni di sangue di un paziente infetto da entrambi i virus che aveva mostrato segni di attività anti-HIV. I campioni di sangue prelevati prima del trattamento con l'entecavir non mostravano segni della mutazione M184V. Dopo soli sei mesi di terapia però il 96% dei campioni di sangue del paziente evidenziava la mutazione.

Il 24 febbraio, la US Food and Drug Administration ha pubblicato una lettera della Bristol-Myers Squibb, l'azienda che produce il principio attivo, che mette gli operatori sanitari in guardia sui rischi potenziali della medicina, dopo che Thio aveva informato entrambe le organizzazioni sui risultati della ricerca. “I medici dovrebbero avvertire immediatamente le persone che hanno la doppia infezione di non prendere l'entecavir da solo,” dice Thio.

“È un brutto colpo per le terapie contro HIV ed epatite B,” sostiene Rowena Johnston, vice presidente per la ricerca della Fondazione Americana per gli studi sull'AIDS. Johnston, che non era coinvolta nello studio, crede che per le persone che sono infette da entrambi i virus prima di affrontare l'HIV sia meglio partire con il trattamento dell'epatite, visto che è curabile. Bisogna poi sottolineare che mentre i trattamenti precoci contro l'epatite B possono ridurre i danni al fegato, le cure per l'HIV sono più efficaci in uno stadio più avanzatro della malattia quando il virus ha già indebolito il sistema immunitario.

I risultati della ricerca sono stati presentati il 28 febbraio scorso, alla Conferenza su retrovirus e infezioni opportunistiche a Los Angeles, California, USA.