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Nuova tecnica per valutare la tossicità delle nanoparticelle

Ricercatori americani hanno cercato di capire quali effetti le nanotecnologie possono provocare sulle cellule viventi

Una balena mangia squali

Vedere come le nanoparticelle interagiscono con cellule viventi da oggi è possibile grazie a un metodo di screening in vitro messo a punto dal Dipartimento per l’Energia del Brookhaven National Laboratory di Upton, New York, descritto sulla rivista “Journal of Physics Condensed Matter” in un articolo firmato da Barbara Panessa-Warren e altri.

Le nanoparticelle hanno le dimensioni di un miliardesimo di metro, un po’ quello che si otterrebbe spaccando in 50 000 un capello umano. Innestandole fra le molecole di un materiale si riesce ad alterare alcune sue proprietà e a produrre, ad esempio, oggetti che non si graffiano o non si appannano.

Precedenti test su animali vivi hanno rivelato una loro tossicità, senza però far capire di preciso quello che accadeva nell’organismo. Il nuovo metodo prevede l’osservazione in vitro dell’interazione nanoparticella-cellula, tramite avanzate tecniche microscopiche.

Le vie da cui le nanoparticelle potrebbero entrare nel corpo sono essenzialmente inalazione e ingestione. Gli scienziati del Center for Functional Nanomaterials (CFN) di Brookhaven hanno perciò preparato strati sottili di cellule epiteliali di colon e polmone esponendoli a differenti tipi di nanoparticelle di carbonio in cui gli atomi si sistemano a formare nanotubi, nanocorde o sfoglie di grafite chiamate grafemi. Le nanoparticelle al carbonio fabbricate a Brookhaven,non hanno prodotto effetti tossici sulle cellule, indipendentemente da dosi e tempi di esposizione. I nanotubi e le altre particelle invece hanno causato morte cellulare al crescere di tempi di esposizione e dosaggi. Le cellule perdevano la capacità di unirsi e la loro superficie cambiava. I nanotubi perforavano la membrana cellulare esterna e passavano nella cellula venendo incorporati nei nuclei. Le cellule non toccate crescevano normalmente. I dati raccolti hanno inoltre suggerito che il fattore tempo, nella tossicità, sia più determinante della concentrazione.

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