Solita impasse al meeting della Commissione baleniera internazionale. Si punta a una profonda revisione di questa organizzazione.
Il meeting che si è tenuto a Ulsan in Corea del Sud della International Whaling Commission si è concluso nella solita impasse. Un'ennesima conferma del fatto che sia necessario riorganizzare la commissione e ridiscutere il problema da capo.
I delegati riuniti in Corea infatti non hanno potuto né trovare un accordo sulla possibilità di reintrodurre la caccia commerciale, né d'altra parte hanno trovato un accordo sulla riduzione della caccia scientifica concessa al Giappone. Questa pratica infatti consentirà nei prossimi dodici mesi di uccidere più balene di quante ne siano state uccise negli ultimi vent'anni.
L'unica cosa che unisce i delegati è dunque la frustrazione nei confronti di quest'organo. Nel corso degli anni la commissione ha cercato di trasformarsi da organismo istituito per consentire forme limitate di caccia commerciale alle balene sostenibili sul piano ambientale, in un vero e proprio organismo di protezione ambientale, rimanendo però di fatto in mezzo al guado.
La questione più importante in discussione era la revisione del modello di gestione, che avrebbe dovuto consentire la ripresa della caccia sulla base di quote per le singole flotte baleniere, e avrebbe dovuto porre fine alla moratoria attualmente vigente. Sebbene tutti i delegati siano d'accordo sull'esigenza di nuovo modello, le divergenze emergono drasticamente quando si tratta di discutere quale modello debba essere applicato. La versione giapponese, respinta all'ultimo meeting, è stata criticata soprattutto per l'insufficienza dei meccanismi di controllo sull'applicazione delle regole da parte dei vari stati, per l'assenza di regole per la salvaguardia degli animali, e per la mancanza di un termine definitivo anche per la caccia scientifica.
Altri paesi, come l'Olanda e la Nuova Zelanda, segnalano invece che la commissione è vecchia e si basa su un trattato risalente al 1946, quando l'industria baleniera esisteva in molti paesi. Ora invece, il cuore del problema non è la caccia, ma la salvaguardia di questa specie.
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