I calcoli di astronomi inglesi svelano che nei sistemi planetari scoperti fino a oggi potrebbero esistere pianeti rocciosi.
Nello spazio si nascondono moltissimi pianeti simili alla Terra, che non aspettano altro che di essere scoperti. Lo hanno svelato alcuni ricercatori inglesi della Open University guidati da Barrie Jones che hanno presentato le loro ricerche nel corso del National Astronomy Meeting che si tiene in questi giorni a Birmingham.
I sistemi planetari scoperti fino a oggi sono infatti costituiti in gran parte da giganti gassosi delle dimensioni di Giove che ruotano a breve distanza dal loro astro. Una struttura planetaria dunque molto diversa da quella del Sistema solare, dove invece i pianeti rocciosi sono quelli più vicini al Sole e i giganti gassosi quelli più lontani. Questo ha fatto pensare agli scienziati che i sistemi scoperti fino a oggi non possano ospitare pianeti simili alla Terra o comunque rocciosi.
Jones e i suoi colleghi invece sono riusciti a dimostrare che anche in questi sistemi ci possono essere pianeti di tipo terrestre. Anche se questo non vuol dire che siano in grado di ospitare forme di vita.
I calcoli dei ricercatori si basano su quanto conosciamo oggi dei meccanismi di formazione dei pianeti e tengono conto anche della porzione di spazio all'interno della quale si dovrebbero trovare i pianeti per poter avere acqua allo stato liquido e quindi le condizioni di base per sostenere la vita. "Le conclusioni ci dicono che circa la metà dei sistemi planetari potrebbero avere pianeti simili alla Terra", dice Jones, che ha pubblicato un articolo sulla rivista "Astrophysical Journal".
La teoria ritiene che questi giganti gassosi vicini alle stelle si siano formati più all'esterno e poi per qualche motivo siano migrati all'interno del sistema, sconvolgendo con il loro passaggio la zona abitabile e quindi impedendo la formazione dei pianeti rocciosi. I calcoli di Jones invece dimostrano che all'epoca della migrazione dei giganti gassosi i pianeti rocciosi erano ancora in formazione e che il passaggio dei cugini più grandi non avrebbe sottratto troppo materiale. Quindi ci sarebbe sia il materiale, che il tempo necessario alla formazione di pianeti simili alla Terra.
L'esame della luce delle quasar sembra indicare che nel corso del tempo il valore della costante di struttura fine è cambiata.
La missione XSS-11 dell'Air Force americana vuole dimostrare la capacità della sonda di avvicinarsi ai satelliti in orbita.
Il settimo programma quadro prevede investimenti per 67 miliardi di euro in sette anni.
America e Europa stanno preparando la nuova generazione di telescopi ottici terrestri, con una risoluzione maggiore di Hubble.
La popolazione del vecchio continente crescerà fino al 2025 grazie agli immigrati: poi scenderà fino al 2050.
L'ESA vuole far scendere alcune sonde sulla superficie marziana entro il 2013.
Quattrocentocinquanta milioni di anni fa una potente esplosione spaziale avrebbe dato il via alla grande estinzione dell'Ordoviciano.
La ricostruzione al computer del suo cranio sembra dimostrare che si tratti dell'ominide più antico mai scoperto fino a oggi.
Un ingegnere australiano ha progettato centrali eoliche in grado di sfruttare una fonte di energia perenne: i venti della troposfera.
Il poeta fiorentino anticipò gli studi di Galileo e anche quelli di Einstein?
I primi bovini geneticamente modificati con un gene di un batterio sono frutto di una ricerca americana.
I fertilizzanti chimici portati dalle acque del Mississippi creano bolle anossiche nelle acque del Golfo del Messico.
Coperta di diamante, la retina artificiale è protetta dal liquido che copre l'occhio.
La Banca Mondiale ha disegnato una mappa particolareggiata dei paesi nei quali è più alto il rischio di disastri naturali.
Il gas a effetto serra continua ad accumularsi nell'atmosfera, anche se a ritmi più lenti.
Uno studio di due agenzie specializzate delle Nazioni Unite lancia l'allarme: stiamo sfruttando troppo le risorse terrestri.
L'età stimata fino a oggi sulla base dei crateri di impatto potrebbe essere sbagliata: molti crateri infatti sarebbero stati calcolati male.
Onde d'urto causate da scontri tra protogalassie potrebbero aver originato le prime stelle.