L'agricoltura dovrà sostenere due miliardi di persone in più nei prossimi trent'anni e per questa sfida saranno sempre più importanti le biotecnologie. Ma la Fao, nel suo rapporto annuale, denuncia la scarsità di studi sulle colture orfane, quelle che nutrono il terzo mondo.
"La biotecnologia rappresenta un'importante promessa per l'agricoltura dei paesi in via di sviluppo, ma, fino a oggi, solo gli agricoltori di pochi fra questi paesi ne hanno beneficiato". A dirlo è la Fao, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, nel suo rapporto annuale "La Situazione dell'Alimentazione e dell'Agricoltura 2003-04", che è stato pubblicato lunedì scorso.
Secondo la Fao, i ricercatori biotecnologici del mondo si occupano poco delle colture di base dell'alimentazione dei poveri. "Né il settore privato né quello pubblico hanno investito cifre significative nelle nuove tecnologie genetiche per le cosiddette colture orfane, come il fagiolo dall'occhio, il miglio, il sorgo e il teff, molto importanti per l'alimentazione e il sostentamento delle popolazioni più povere", ha dichiarato infatti il Direttore generale della Fao, Jacques Diouf.
"Gli altri ostacoli che impediscono ai poveri di beneficiare pienamente della moderna biotecnologia includono una regolamentazione inadeguata, i problemi complessi della proprietà intellettuale, il cattivo funzionamento dei mercati e dei circuiti di distribuzione di sementi, ed una scarsa capacità di miglioramento genetico delle piante coltivate a livello nazionale", ha aggiunto.
Secondo la Fao l'agricoltura dovrà nutrire 2 miliardi di persone in più nei prossimi 30 anni, da una base di risorse naturali sempre più debole. La sfida consisterà quindi nello sviluppo di tecnologie in grado di combinare numerosi obiettivi — aumentare i profitti e ridurre i costi, proteggere l'ambiente, rassicurare i consumatori sulla qualità nutrizionale e sanitaria dei prodotti alimentari, migliorare le condizioni di vita rurali e la sicurezza alimentare dei piú poveri.
"La biotecnologia deve integrare — non sostituire — le tecnologie agricole convenzionali, accelerando i programmi tradizionali di miglioramento genetico ed offrendo soluzioni valide laddove i metodi convenzionali falliscono", ha affermato la Fao.
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