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Pietro Danise

Pietro Danise

Scuola e scienza in mostra

È una giornata di sole, i chiostri del Museo della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano sono invasi da centinaia di bambini, adolescenti, ragazzi. È quello che accade tutti gli anni, da dieci anni, a maggio, per Scienza Under 18. Pietro Danise, coordinatore dell’Associazione Scienza Under 18, racconta il lavoro degli insegnanti e il coinvolgimento degli studenti, ma soprattutto ci parla di un modo di fare scienza tutti assieme, grandi e piccoli.

26 aprile 2007
Daniele Gouthier

Se non si è mai stati alle esposizioni di Scienza Under 18 è difficile immaginarle; eppure gli ingredienti sono facili: studenti, insegnanti, scuola, scienza. Come si svolge un anno di Scienza under 18 e come si arriva al gran finale?

Pensate a un bel posto, come un chiostro o un grande cortile interno di uno dei palazzi storici presenti in tutte le città italiane. Organizzate lo spazio dividendolo in “postazioni della scienza”: una postazione tipo è formata da due grandi tavoli accostati, un computer e dei pannelli dietro. Mandate un invito a tutti i docenti di area scientifica della vostra provincia spiegando loro che possono portare le classi a visitare una mostra in cui la scienza viene spiegata dagli studenti… e il gioco è fatto, non occorre molto altro.

E il risultato?

Quello che succede nell’incontro tra studenti espositori e studenti visitatori è inimmaginabile. Per due o tre giorni di seguito, conoscenze ed emozioni fluiscono in modo del tutto spontaneo a ritmo continuo e incessante. È un incontro vero. In questo senso Scienza under 18 rappresenta, per gli studenti, un vero e proprio momento di apprendimento della scienza e per i docenti un contesto in cui è possibile apprendere metodologie, tecniche e linguaggi. Naturalmente, se vuoi partecipare come espositore, se vuoi occupare uno dei tavoli, devi avere qualcosa da dire, devi cioè aver lavorato in modo creativo. Ma, questa è la grande scommessa vinta da Su18: questa creatività che riguarda l’insegnamento della scienza esiste veramente ed è un patrimonio preziosissimo della scuola italiana. Grazie a Su18 questo patrimonio di sapere scientifico della scuola può uscire dallo spazio confinato delle scuole e quindi da misconosciuto emergere, venire all'aperto.

Per partecipare bisogna essere insegnanti "speciali"? Servono strumenti, spazi, tempi eccezionali, oppure è un'attività che si inserisce nel normale corso di un anno scolastico?

Se a scuola insegni scienze o matematica utilizzando solo libro, quaderno e gessetti hai poco da dire agli altri. Ma se, per veicolare concetti e procedure scientifiche utilizzi il laboratorio, le nuove tecnologie, i nuovi linguaggi o semplicemente trovi un nuovo modo per illustrare un concetto, non è poi così difficile!, allora ti viene anche voglia di farlo vedere agli altri. Non fai nulla di più di quello che fanno i ricercatori veri e propri, ovvero fai una ricerca e comunichi i risultati. Su18 propone che il percorso si completi con la comunicazione al pubblico dei progetti. 

Quanto il ruolo della comunicazione è nuovo per la scuola?

La comunicazione dei progetti avviene normalmente anche a scuola, sotto la forma dell’interrogazione o del compito in classe. In questo caso classico lo studente restituisce il sapere scientifico appreso ai docenti e, in parte, anche ai compagni. Ma come tutti sanno, questa restituzione è un atto dovuto, funzionale alla valutazione, che non ha alcun fascino, se non quello del rischio: di prendere un cattivo voto! La comunicazione del progetto a Su18 ha delle valenze completamente diverse. Per partecipare a Su18, gli studenti, aiutati dai docenti, devono fare delle scelte (cosa portiamo del progetto svolto a scuola, come lo riadattiamo in funzione espositiva, quali oggetti teniamo buoni, quali dobbiamo costruire ex-novo, ecc.) e devono padroneggiare il progetto, riadattandolo anche in versioni diverse, di contenuti e linguaggi, rispetto ai vari destinatari che si presentano come visitatori. I visitatori di Su18 infatti vanno dagli studenti della scuola elementare ai nonni di 80 anni, che a loro volta possono essere laureati o operai.

Scienza under 18 nasce nel 1997 a Milano, su iniziativa di un gruppo di docenti dell’area scientifica dell’Istituto Sperimentale Rinascita “Livi”, appoggiati da un’associazione no-profit, l’Associazione Rinascita per il 2000. Oggi Su18 ha sette sedi espositive in Lombardia, a Firenze una sezione sulla storia della scienza, e in Liguria, dopo una fase di sperimentazione a Genova. è  presente a Recco e a Sestri Levante. Che impatto ha avuto il progetto, sinora?

In nove anni sono stati presentati complessivamente 1.373 progetti sulla scienza che hanno coinvolto 10.000 studenti come espositori e altri 50.000 studenti come visitatori. All’ultima edizione, nelle sei sedi espositive, attive nel maggio 2006, sono stati esposti  316 progetti che hanno coinvolto circa 1.000 studenti come espositori e un pubblico di 11.000 studenti-visitatori.

La ricerca e la riflessione su Scienza under 18 servono anche per aggiustare il tiro, per pensare a innovazioni nell'ambito della manifestazione. Quali attività nuove sono nate in questi anni oltre ai classici exhibit degli studenti?

Il censimento sui progetti di scienza svolti nelle scuole, che avevamo fatto dieci anni, ci aveva portato a predisporre strutture accoglienti che corrispondono a tre particolari espressioni del sapere scientifico della scuola: la sezione mostre scientifiche (exhibit), la sezione multimediale (che raccoglieva in massima parte ipertesti) e la sezione simposio degli studenti.

Da quel momento è iniziato un doppio dialogo tra Su18 e i docenti di area scientifica. Da una parte ci sono i progetti che nascono per iniziativa diretta di alcuni docenti, o di alcuni gruppi di docenti. Queste tipologie vengono passate al vaglio del Comitato Scientifico di Su18 e possono ottenere, o meno, una sezione espositiva a Su18 (in tutte le sedi o in alcune). Fanno parte di questa tipologia di progetti: la sezione eventi, che raccoglie, tra gli altri, progetti come il progetto Robotica; la sezione teatro scientifico e cinema scientifico che, nata a Milano, si è poi estesa anche alle altre sedi; la sezione Scienza near 18, che nata nel 2003, su iniziativa della sede di Pavia, si è posta l’obiettivo di far dialogare le ultime sezioni della scuola superiore con le facoltà scientifiche.

Dall’altra parte ci sono invece i progetti che vengono proposti alle scuole dal Comitato scientifico di Su18. Ci riferiamo a Scienza in famiglia, nato dalla collaborazione di Su18 con l’Osservatorio della Sissa e al Progetto Giornalismo scientifico, nato dalla collaborazione con l’agenzia di giornalismo scientifico Zadigroma e con l’Istituto Nazionale di Fisica della Materia. Quest’anno, come novità, proponiamo il progetto Sfida alla scienza, attraverso il quale invitiamo le classi a trovare nuove soluzioni a un problema scientifico: ad esempio, non rompere un uovo lasciato cadere da 4 metri.

I ragazzi che partecipano a Scienza under 18, maturano scelte di studio e professionali più indirizzate alla scienza? Avete dei dati e delle informazioni su questo?

Per il momento abbiamo solo restituzioni qualitative e soggettive di ragazzi o ragazze che tornano a trovarci e ci ricordano come è stato bello quella volta a Scienza under 18… Non abbiamo però né dati quantitativi, né inchieste approfondite che ci facciano comprendere se questo progetto ha inciso, o può incidere, sulle scelte di studio e professionali dei ragazzi che vi hanno partecipato come espositori, né tanto meno su quelli che ne sono stati “contagiati” solo come visitatori. Un progetto maturo, giunto alla decima edizione, non può però fare a meno di una valutazione di questo tipo e c’è già un’ipotesi di ricerca in questo senso.

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Una questione di fiducia

Mario Riccio Mario Riccio

La conclusione del “caso Englaro” non chiude la questione spinosa della legge sul testamento biologico che in Italia ancora manca e anzi, se come è probabile, verrà votata in questi giorni una legge circoscritta unicamente all'alimentazione e all'idratazione artificiale dei pazienti incapaci di provvedere a se stessi, si rischia di cadere nel caos più assoluto. Come spiega Mario Riccio, medico “Che ha fatto la volontà di Piergiorgio Welby” come recita il titolo di un suo libro – e che è stato assolto l'anno scorso dall'accusa di “omicidio consenziente” - non saranno solo i cittadini a farne le conseguenze, ma anche i medici che si troveranno ad affrontare situazioni sempre più complicate e pazienti sempre meno fiduciosi.

Federica Sgorbissa

11 febbraio 2009

Una legge sul testamento biologico

Boniolo Giovanni Giovanni Boniolo

Il caso Englaro - Beppino Englaro il padre di Eluana, una donna in coma per 17 anni, dopo varie battaglie legali ha ottenuto la sospensione delle cure che tenevano in vita la figlia scatenando così la forte opposizione da parte del Governo Italiano -, ha messo in evidenza la necessità di una legge per il testamento biologico in Italia. Il rischio, o la certezza visto il disegno di legge che dovrebbe essere approvato a breve, è che nella fretta si finisca per far passare un provvedimento parziale e che limiterà la libertà di scelta di ogni cittadino. Con Giovanni Boniolo, filosofo della scienza esperto di bioetica e coordinatore del dottorato in “Foundation of life sciences and their ethical consequences” abbiamo discusso della deriva italiana in fatto di autodeterminazione del paziente.

Federica Sgorbissa

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Tanto rumore per una particella

Maria Curatolo Maria Curatolo

Il Large Hadron Collider è un dispositivo lungo 27 chilometri situato a circa 100 metri di profondità al confine tra Francia e Svizzera. Al suo interno i fasci di protoni corrono a velocità della luce. In alcuni punti la temperatura è da brivido, quasi 270 gradi sotto zero. Ma quando i protoni si scontrano la temperatura sale fino a diventare 1000 miliardi di volte maggiore di quella al centro del Sole. I suoi numeri sono da record: LHC oggi è la macchina più potente e la fabbrica di informazioni più grande del mondo. Il suo obiettivo principale? Trovare una particella: il bosone di Higgs. Maria Curatolo, responsabile per l’INFN dell’esperimento ATLAS, spiega a Scienza Esperienza gli obiettivi degli esperimenti di LHC.

Ilenia Picardi

23 settembre 2008

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