Da secoli si cerca di spiegare l’insuperata qualità degli strumenti ad arco cremonesi. Una ricerca statunitense avanza una nuova ipotesi
Non c'è violinista che non sogni di mettere le mani su uno Stradivari, cioè uno strumento costruito da Antonio Stradivari, insuperato liutaio cremonese che tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento ha prodotto i migliori strumenti ad arco della storia. Gli Stradivari, sebbene abbiano oggi più di trecento anni, hanno infatti una potenza, una corposità e una qualità di suono che nulla può uguagliare. Forse con un'unica eccezione: violini, viole e violoncelli costruiti da Giuseppe Guarneri, liutaio non a caso cremonese, e quasi coetaneo di Stradivari.
Qual è il loro segreto? Per secoli si è cercato di riprodurne esattamente la forma, o di piegare le tavole con diversi procedimenti. Si è pensato anche a una vernice segreta, e innumerevoli ricette sono state testate. Tutto invano.
Oggi gli sforzi si stanno orientando invece sul materiale: che ci sia qualcosa nel legno? Il sospetto in realtà è antico, ma gli strumenti di indagine sono oggi senz’altro più sofisticati.
Joseph Nagyvary, chimico e liutaio di un’università del Texas, ha sottoposto quattro preziosissimi strumenti cremonesi e due di diversa provenienza ad approfondite analisi chimiche, e crede di aver trovato la soluzione.
Il legno di cui sono fatti gli antichi strumenti cremonesi, sostiene, è contaminato da diverse sostanze chimiche, e questa contaminazione potrebbe aver causato la loro resa straordinaria. Il legno dei contemporanei prodotti europei, invece, non è adulterato. Tra gli additivi ritrovati ci sono sali di bario, silicio e calcio, e zircone; ma soprattutto l’acido borico, insetticida usato anche dagli Egiziani nei processi di mummificazione. Queste sostanze possono alterare la struttura interna del legno, modificandone quindi le capacità sonore.
Che la grandezza degli Stradivari stia semplicemente nell’essere stati trattati per combattere l’aggressione dagli insetti?
In altri luoghi, sostiene il chimico, potrebbe non esserci stato bisogno di trattarli, e quindi gli strumenti non avrebbero mai acquisito le stesse proprietà sonore. Oppure la scuola cremonese dedicava maggior attenzione alla conservazione degli strumenti (cosa peraltro molto credibile, visto che ancora oggi sono i migliori).
Non tutti gli scienziati, però, sono d’accordo con Nagyvary e i suoi colleghi; troppo presto, sostengono, per essere sicuti di aver svelato uno dei grandi segreti della storia.
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