È un periodo nero per i pinguini: negli ultimi due mesi più di quattrocento esemplari, la maggior parte ancora cuccioli, sono stati rinvenuti cadavere sulle coste che bagnano la città carioca.

Sulle coste brasilane non è strano imbattersi in esemplari morti di questi animali, ma secondo Eduardo Pimenta, sovraintendente dell'Agenzia statale per la protezione dell'ambiente e delle coste della città di Cabo Frio, quest'anno sono davvero troppi.

Gli esperti si dividono intorno ad alcune possibili cause. Un'ipotesi è quella che la pesca intensiva abbia impoverito i mari dove questi animali cacciano, con il risultato di spingerli più a largo, esponendoli alle forti correnti. Thiago Muniz, veterinario dello zoo Niteroi, testimonia di aver curato un centinaio di esemplari quest'anno. Come racconta il veterinario molti erano intrisi di petrolio, proveniente dalle piattaforme brasiliane, che si trovano lontano dalle coste.

Secondo Pimenta la colpa è dell'inquinamento. “Al di là del petrolio, altri fattori inquinanti stanno abbassando le difese immunitarie dei pinguini, rendendoli vulnerabili da parte di funghi e batteri che attaccano i polmoni,” ha spiegato il biologo.

Anche la meteorologia potrebbe avere un ruolo in questa moria, come crede Erli Costa dell'Università federale di Rio de Janeiro. “Non credo che i livelli di inquinamento siano cosi alti da colpire gli uccelli in modo così repentino. Credo che troviamo sempre più individui giovani e ammalati per causa del riscaldamento globale, che ha un'influenza sulle correnti oceaniche e provoca un numero maggiore di cicloni e rendendo il mare più difficile,” ha commentato Costa.

Secondo il ricercatore la maggior parte dei pinguni morti sono giovani che hanno appena lasciato il nido, e non sono capaci di nuotare nell'oceano aperto in cerca del cibo.

Ogni anno lo stato brasiliano, per via aerea, riporta indietro sulle coste antartiche dozzine di pinguini.