Avreste mai immaginato che anche i pesci hanno i loro momenti difficili, soprattutto quando devono prendere delle decisioni? A dimostrarcelo è uno studio sul loro cervello.
Potreste immaginare un pesce dubbioso, indeciso e combattuto, mentre cerca di prendere una decisione difficile?
Secondo una recente scoperta, potrebbe trattarsi di un evento non troppo lontano dalla realtà. Infatti anche i pesci, così come gli esseri umani, elaborano le informazioni - e forse addirittura anche le emozioni - in zone diverse del loro cervello.
I pesci che crescono in libertà, in mezzo a pericoli e predatori, usano l'occhio sinistro per osservare e fare attenzione a tutti gli oggetti nuovi che gli capita di incontrare. Al contrario, i loro "cugini" cresciuti in cattività usano a questo scopo l'occhio destro.
Questo suggerisce che le diverse esperienze di vita dei pesci possano influenzare lo sviluppo di un lato del cervello piuttosto che l'altro.
Non solo, come suggerisce Victoria Braithwaite dell'Università di Edimburgo, nel Regno Unito, i pesci potrebbero avere anche una metalità emozionale: i due lati del cervello potrebbero infatti corrispondere a due distinti atteggiamenti, uno curioso e uno sospettoso.
“I pesci allevati in laboratorio potrebbero elaborare nel lato sinistro del cervello le informazioni sui nuovi oggetti che incontrano - il che significa che osservano le cose 'normali' con l'occhio destro - perché si sentono meno in pericolo rispetto ai loro parenti cresciuti in libertà, per i quali è importante essere più prudenti", afferma Victoria Braithwaite.
Anche gli esseri umani utilizzano diversamente il lobo destro o quello sinistro del loro cervello: una conseguenza si può osservare ad esempio nella differente manualità tra destrimani e mancini.
Questa "lateralizzazione" del cervello è stata ritrovata in un numero crescente di specie animali negli ultimi anni. "Soprattutto negli animali che devono spesso affrontare vari predatori, la possibilità di usare un emisfero del cervello per tenere d'occhio i nemici, e l'altro per fare altre cose è sicuramente un vantaggio", afferma Culum Brown, della Macquarie University di Sydney, in Australia.
Culum Brown, insieme ai suoi colleghi, ha analizzato degli esemplari di una particolare specie di pesci (chiamati "pesce vescovo", Brachyraphis episcopi), che assomigliano a un'altra specie chiamata guppy (Poecilia reticulata), pescati da aree con alto e basso tasso di presenza di predatori, nella zona di Panama.
I ricercatori hanno quindi allevato in laboratorio nuove generazioni di questi pesci e infine hanno comparato il comportamento di questi ultimi con i genitori cresciuti in libertà.
Nell'esperimento, i pesci dovevano nuotare verso una barriera composta da una rete dietro a cui potevano vedere o un oggetto nuovo (un croce gialla), o un altro pesce vescovo, o semplicemente nulla. I pesci potevano scegliere di superare la barriera a destra o a sinistra: in quest'ultimo caso avrebbe significato che avevano osservato l'oggetto che si trovava dietro la barriera con l'occhio destro, e viceversa.
Nè i pesci prevenienti da zone con pochi predatori, nè i loro diretti discendenti cresciuti in cattività hanno dimostrato particolari preferenze tra lato destro e sinistro, suggerendo che il loro cervello sia molto poco "lateralizzato".
Invece, i pesci che hanno spesso a che fare con un gran numero di predatori, così come i loro discendenti cresciuti in laboratorio, hanno favorito un occhio rispetto all'altro, soprattutto nell'eventualità in cui all'interno della rete si trovasse un oggetto nuovo.
"Questo indica che la tendenza a usare in modo diverso i diversi lati del cervello può essere ereditata", spiega Victoria Braithwaite. “Quello che ci ha stupiti di più, però, è che la generazione cresciuta in laboratorio abbia utilizzato maggiormente l'occhio destro, al contrario dei loro genitori che hanno preferito l'occhio sinistro. Di base, quindi, la differenziazione è ereditaria, ma la decisione di quale parte del cervello usare per cosa è frutto dell'apprendimento", aggiunge.
Giorgio Vallortigara, dell'Università di Trieste, che da tempo si occupa dello studio della "lateralizzazione" delle funzioni cerebrali nei vertebrati, afferma che normalmente la parte sinistra del cervello dirige il comportamento nelle fasi di avvicinamento, mentre l'allontanamento e la fuga vengono gestite dalla parte destra.
Ad esempio, in base alle sue scoperte i cani scuotono la coda verso destra quando vedono un essere umano dall'aspetto amichevole e conosciuto, mentre la dirigono verso sinistra quando sono spaventati o stanno affrontando un altro cane dominante. “I pesci cresciuti in libertà potrebbero allo stesso modo usare l'occhio di sinistra quando sono spaventati e stanno per darsi alla fuga", conclude l'esperto.
Secondo Culum Brown c'è però anche un'altra spiegazione. La preferenza nell'utilizzo dell'occhio sinistro per osservare oggetti sconosciuti nei pesci cresciuti in libertà potrebbe significare che hanno in qualche modo imparato a trarre maggior vantaggio dalla loro innata capacità di lateralizzare il cervello.
“L'utilizzo del lobo di sinistra potrebbe semplicemente essere la norma in questo tipo di contesto", spiega la Brown. Al contrario, i pesci provenienti da zone con un basso livello di predatori hanno mostrato una leggera tendenza a utilizzare maggiormente l'occhio di destra in tutte le occasioni.
I pesci cresciuti in laboratorio, e provenienti da genitori cresciuti in aree molto pericolose, potrebbero esagerare nella tendenza a usare l'occhio destro non tanto per necessità, ma proprio perchè hanno ereditato la lateralizzazione. Tuttavia, poiché non hanno mai incontrato davvero un predatore, non hanno mai imparato a prestare davvero attenzione alla presenza di oggetti nuovi usando il lato destro del cervello e l'occhio di sinistra.
Se questo succeda anche negli esseri umani (ovvero, se esperienze di vita diverse portino a usare lati diversi del cervello per reagire a determinati stimoli emotivi) è ancora da dimostrare. Secondo i ricercatori, è probabile che questa "plasticità" nell'elaborazione delle informazioni sia presente in tutte le specie che hanno una lateralizzazione delle funzioni cerebrali.
“Sappiamo, ad esempio, che i pazienti che hanno una parte del cervello danneggiata, a causa di un ictus cerebrale, tendono a sviluppare maggiormente la parte sana", spiega Culum Brown. E Vallortigara aggiunge: “Mi aspetterei ad esempio che un cane che non abbia mai visto un essere umano tenda a essere sospettoso e scodinzolare verso sinistra nel momento in cui ne veda uno".
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