Il buco nero gigante al centro della nostra galassia ha divorato una massa della grandezza di Mercurio circa 60 anni fa, suggeriscono gli ultimi dati del satellite Chandra X-ray Observatory. Questo risultato conferma le precedenti evidenze, secondo cui il buco nero, che in questo momento attraversa un periodo di magra, di tanto in tanto inghiotte grandi masse.
La nostra galassia ospita un buco nero chiamato SgrA*, di
massa pari a circa 4 milioni di volte il nostro Sole, come indicano gli
studi basati sul moto delle stelle e dei gas nei suoi pressi. Ma in
questo momento non sembra star mettendo su peso, dato che non sta
emettendo lampi di raggi X, cosa che accade quando invece inghiotte
materia.
Ci sono piuttosto evidenti segni che si sarebbe ben abbuffato nel
passato. Gli astronomi possono inferire la storia dell’alimentazione di
un buco nero cercando i suoi lampi di raggi X che raggiungono e
riscaldano le nubi di gas presenti nei dintorni. Misurando la loro
distanza dal buco nero, possono dedurre quanto tempo hanno impiegato i
raggi X per raggiungere la nube, e quindi quando sono avvenuti i
lampeggiamenti.
Diverse ricerche hanno mostrato evidenze di eventi esplosivi passati,
compreso uno nel 2005, che suggerisce che SgrA* ha banchettato
abbondantemente 350 anni fa, tanto da diventare un milione di volte più
brillante di quanto non sia oggi.
Ora uno studio effettuato con lo stesso metodo suggerisce che il buco nero ha avuto un altro evento esplosivo solo 60 anni fa.
Michael Muno del Caltech di Pasadena (USA) e i suoi colleghi sono gli autori della scoperta, effettuata usando Chandra
per monitorare le nubi di gas che emettono raggi X attorno al buco
nero. Fino ad ora nessuno poteva dire con certezza se queste emissioni
fossero dovute alle esplosioni di SgrA*, oppure invece alla pioggia di
particelle cariche (i raggi cosmici) che colpiscono le nubi.
Il gruppo di Muno ha scoperto che la luminosità e la forma del bagliore
sono cambiati tra il 2003 e il 2005. Questi cambiamenti così rapidi non
sono consistenti con l’ipotesi della costante pioggia di raggi cosmici,
sostengono i ricercatori.
Al contrario, 60 anni fa SgrA* ha aumentato la
luminosità di un fattore 100.000, mentre, sostengono gli scienziati, ingoiava qualcosa –
probabilmente una nube di gas e polveri – di massa comparabile a quella
di Mercurio. Quando questa brevissima esplosione nei raggi X si è
espansa dalle vicinanze del buco nero, ha colpito in diverse parti le
nubi di gas dell’area. Questo ha causato i cambiamenti di forma e
luminosità del bagliore negli X registrato da Chandra.
Combinati con precendenti risultati questi nuovi dati stanno aiutando a
delineare il quadro delle abitudini alimentari di SgrA*. «Abbiamo
evidenza che probabilmente ogni 100 anni ci sarebbe un brillamento
negli X del buco nero», afferma Muno.
Questo suggerisce che il buco nero di tanto in tanto inghiottisca dei
gran bocconi, invece di nutrirsi regolarmente grazie al vento che
proviene dalle vicine stelle, come una volta si credeva.
Nonostante gli scienziati sarebbero entusiasti di poter osservare un
nuovo grande evento esplosivo di SgrA*, è più sicuro studiare quelli
del passato. «In realtà non vogliamo davvero guardare attraverso
Chandra un evento del genere, perché potrebbe danneggiare gli
strumenti, senza particolari precauzioni», afferma Muno.
I dati sono stati presentati mercoledì 10 gennaio all’American Astronomical Society a Seattle, Washington (USA).
David Shiga, Seattle
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